“Il patentino Uefa A? Un’emozione fortissima. Ricordo ancora quando mi è arrivata la risposta della Federazione. C’erano solo dieci posti, non ci speravo. E invece…”. Parole e musica di Salvatore Utro, allenatore fresco di patentino Uefa A, che apre le porte del professionismo. L’ex tecnico della Don Carlo Misilmeri ci racconta i suoi ultimi mesi, dal divorzio con il club biancorosso a questo prestigioso riconoscimento ottenuto nei giorni scorsi. Queste le sue parole a Goalsicilia.it:
Mister, partiamo da un bilancio della tua esperienza a Misilmeri, dove sei stato in panchina fino allo scorso dicembre…
“Il percorso è cominciato 15 mesi fa. Sono subentrato a settembre 2021. Avevamo cominciato un percorso tecnico nel 2021/22, arrivando alla finale play off regionale con l’Akragas, perdendo 1-0 di misura, disputando un ottimo campionato, arrivando terzi. Poi nel 2022/23 siamo ripartiti con tutti i buoni propositi. Il mio percorso è terminato all’ultima d’andata e lo reputo positivo: 13 risultati utili consecutivi, una sola sconfitta in casa dell’Akragas per 2-0. Fino a quel momento eravamo sempre nelle prime posizioni, a volte anche primi. Quando abbiamo perso con l’Akragas, alla penultima d’andata, eravamo terzi a un punto dalla seconda e a quattro dalla capolista. Andare a perdere con chi poi ha vinto il campionato ci può stare, ma per me parlano i numeri. Il mio è stato un percorso importante”.
Un percorso condito anche dal cammino in Coppa Italia…
“Abbiamo anche fatto otto partite di Coppa Italia, arrivando fino in semifinale regionale. Questo ci ha fatto disputare oltre alle 15 gare di campionato, otto partite in più. Abbiamo avuto un percorso in cui abbiamo affrontato Mazarese, Enna e Akragas. Con queste due ci siamo incrociate in otto giorni per tre volte. A livello nervoso e di energie questo ci ha tolto tanto. Anche lì abbiamo fatto benissimo, siamo usciti solo con l’Akragas. Sono molto soddisfatto”.
A dicembre è arrivato l’esonero. Una decisione che ti ha colto di sorpresa?
“I numeri non parlavano di possibile esonero, però la società e il ds hanno deciso così. Io ne ho preso atto. In quel percorso lì ho fatto giocare con continuità Marino, 2004, Romano, 2005, Caracappa, 2003, Ficarra, 2003. Insomma, hanno esordito un po’ di giovani e questa è comunque un’altra soddisfazione. Non c’era alcun presupposto per l’esonero secondo me…”.
E quindi cosa è successo?
“Dopo la sconfitta di Agrigento la società e il ds hanno cominciato a sollevare tanti dubbi sul fatto se fossi l’uomo giusto per loro e per provare a vincere questo campionato. Questa sconfitta ha sollevato dei dubbi che secondo me loro avevano già da prima, però ero sostenuto dal lavoro e dai risultati. Nel momento in cui è arrivato il primo k.o. loro hanno sollevato tanti dubbi. Io ho visto che non c’erano più la stessa stima e la stessa fiducia e penso che quando è così non sia corretto andare avanti. Perché non si può allenare una squadra se la tua società ti dimostra che non ha più fiducia in te. È successo questo, io ho espresso il mio parere e loro hanno preso questa decisione. Secondo loro si poteva fare ancora meglio, secondo me eravamo pienamente in regola con gli obiettivi stagionali, eravamo dietro a due corazzate. Lì si sono divise le strade. Poi com’è finita lo dicono i numeri”.
Numeri che supportano il tuo rendimento…
“I numeri dicono che la mia è stata una gestione ottimale e che ho lasciato una squadra terza in classifica e a fine campionato è arrivata quarta. Nel girone di ritorno la squadra ha collezionato quattro sconfitte, una fuori e tre in casa. Rispetto al mio rendimento con la squadra, nel girone di ritorno è stato fatto peggio, senza nulla togliere al collega. La società pensava di migliorarsi mandandomi via, le scelte gli hanno dato torto. Mi dispiace perché ci abbiamo perso tutti, in primis io perché mi sarebbe piaciuto vedere dove questo progetto tecnico sarebbe andato a finire”.
Mister negli ultimi anni Misilmeri è stata una piazza ambita, dipinta come una sorta di ‘isola felice’. Adesso una rivoluzione societaria. Ma Misilmeri era davvero un’isola felice?
“Io posso parlare solo della mia gestione, dei miei 15 mesi. Quello che è successo dopo non mi interessa. Sono arrivato in un club dove c’era grandissima disponibilità nel crescere e lo abbiamo fatto. Misilmeri per la prima volta nella sua storia ha fatto una finale regionale dei play off. E anche nell’ultimo anno siamo stati sempre nelle prime tre posizioni. E soprattutto a livello di mentalità, cultura calcistica, siamo cresciuti tantissimo. Io sono arrivato, ho chiesto e mi è sempre stato messo a disposizione tutto. Non ho mai avuto alcun problema a lavorare. Secondo me eravamo organizzati per fare il salto. Poi dopo dicembre, secondo me la scelta del mio esonero è già una cosa strana. Qualcuno pensava di poter fare meglio cosa era già stato fatto. E penso che non arrivando i risultati qualcosa si sia rotto. Che cosa però non lo so, io posso parlare solo della mia gestione, mirata solo agli obiettivi stagionali. La società però non mi ha mai fatto mancare nulla, il club ha sempre messo a disposizione tutto quello che io avevo chiesto”.
A dicembre sei rimasto fermo. Ne hai approfittato per studiare e adesso è arrivato il patentino Uefa A. Come è nato questo percorso?
“Un percorso nato per caso, non avrei mai fatto il Corso Uefa A, perché fondamentalmente stavo lavorando a Misilmeri. Il bando è uscito a dicembre, ci ho sempre provato in estate per tre volte per non inficiare il lavoro. Per noi isolani la logistica purtroppo è uno svantaggio. A dicembre sono rimasto fermo e ho provato a fare la domanda ma non ci speravo perché c’erano solo dieci posti per gli allenatori dilettanti. E invece intorno a fine febbraio la risposta della Federazione, lieta di annunciarmi che rientravo in questi dieci che avrebbero fatto il Corso. Da giocatore avevo un punteggio basso, avendo sempre fatto D ed Eccellenza. Quello che ha fatto leva è stato il punteggio da allenatore. Ho cominciato nel 2010 in Promozione e ho fatto 13 anni di attività, tutta tra Promozione, Eccellenza e Serie D. Nel momento in cui ti arriva una risposta del genere pensi a tutti i campi in terra battuta, a tutti i sacrifici. Raccontarlo mi emoziona, non me lo aspettavo. Ma questi 13 anni mi hanno permesso di entrare nel corso”.
Corso in cui hai conosciuto gente con una carriera importante…
“Un’esperienza straordinaria perché arrivi lì e ti rendi conto che la formazione riguarda l’aspetto professionistico. L’Uefa A ti apre le porte del professionismo. La qualità dei docenti umana e tecnica altissima. E poi i colleghi…”.
Chi c’era tra i tuoi colleghi?
“Nel nostro corso c’era gente importante, che ha fatto calcio a grandi livelli e di grande spessore umano, come Magnanelli, ex Sassuolo, Dainelli, ex Fiorentina, Peluso, collaboratore di Palladino, oltre a Terzi, Zambelli, Croce, Floccari, Bonomi… Non ne voglio dimenticare nessuno, magari qualcuno magari ci resterebbe male. Tutta gente con cui il confronto, le chiacchierate e il lavoro è stato bellissimo. Un’esperienza bellissima, otto settimane lunghissime. Il corso è terminato il 10 maggio, io ho fatto l’esame lunedì 26 giugno ed è andato tutto bene. Un percorso che a livello umano e anche tecnico mi ha fatto crescere tantissimo. Ti fa capire tante cose e ti fa fare uno step importante. Sono molto contento di aver completato questo progetto e spero presto di tornare a lavorare”.
Uno step che chiaramente è anche indice della tua ambizione. C’è il professionismo nel tuo futuro?
“L’obiettivo è quello, però voglio arrivarci con gli step giusti. È importante arrivare nelle categorie e riuscire anche a starci. Il fatto di avere l’Uefa A non ti può far pretendere
di allenare in C. Però mi piacerebbe trovare un club che mi permetta di riuscire a progettare e programmare un lavoro tecnico di crescita. Poi man mano si vede se uno è all’altezza delle categorie che contano. A me interesserebbe trovare un club dove si lavora in sinergia, con una progettualità seria. C’è bisogno di gente che ha serietà e che mette la programmazione prima di tutto. Poi in base ai principi di gioco che un tecnico ha si fa mercato e si trovano i giocatori giusti per quei principi di gioco che un tecnico deve trasmettere per raggiungere gli obiettivi in campo”.
Qualcuno ti ha cercato in questo periodo…
“Ci sono state delle chiacchierate, ma non si è concretizzato nulla. Posso confermare che il contatto più serio e concreto è stato con il Santa Croce. Mi ha cercato Nunzio (il dg dei biancazzurri Calogero, ndr), li ho ringraziati però parlando del progetto tecnico se devo sposare una causa devo essere convinto. C’erano delle differenze di vedute, la società poteva mettere a disposizione determinate risorse, io ho fatto le mie valutazioni e ho preferito declinare. Questo non perché non volessi andare a Santa Croce, anche perché la trattativa è durata due settimane e se non avessi avuto interesse l’avrei tagliata subito. Il loro interesse mi ha fatto piacere, ma non siamo riusciti a incastrarci con quelli che potevano essere gli obiettivi stagionali. Ci siamo lasciati con una stretta di mano, da persone perbene”.
E altre squadre che ti hanno contattato?
“Inutile parlare dei club, sono stati i classici abboccamenti estivi. Le telefonate stile “Che fai? Saresti interessato?”. E poi magari non si è fatto sentire nessuno. Semplici sondaggi, poi magari le società in questione hanno fatto altre scelte”.
Ai tempi del Marina di Ragusa, con un’autentica Cenerentola, hai fatto una scalata importante, vincendo due campionati e due Coppe e portando la squadra in D. Ti piacerebbe ripetere un percorso del genere arrivando al professionismo?
“Non è importante se si tratta di un club blasonato, o un piccolo club. Ci sono delle differenze. In una piccola realtà le pressioni esterne sono minori, in una grande realtà sono maggiori. Se si vuole allenare bisogna abituarsi a questo, a tutto. La cosa fondamentale sarebbe riuscire a trovare un club con cui progettare e costruire una squadra che sposa in pieno i principi dell’allenatore. Quello è fondamentale. L’allenatore è quello che determina il sistema e i principi di gioco. Se la società lavora con te in grande sinergia si può riuscire a costruire una squadra con principi precisi. A Marina è stato fatto questo, le cose sono diventate importanti passo passo. Quando è così, il tecnico riesce a esprimere il massimo, la società riesce a fare un mercato importante e i giocatori riescono a esprimere il massimo delle loro potenzialità”.
E per l’immediato futuro?
“Mi piacerebbe riuscire a costruire una squadra che sposa in pieno i principi di gioco. Può essere un progetto a vincere, o un progetto di una squadra che punta all’alta classifica. Questo si può fare quando cominci da inizio stagione. Nel mio caso magari si può subentrare e lì entra in gioco un altro principio fondamentale per un tecnico, l’adattabilità. Bisogna essere bravi a cucire l’abito giusto alla squadra in cui si subentra. Vedremo cosa uscirà fuori…”.
A Marina fu una vera e propria favola…
“Lì fu un mix di tutto. Persone che avevano una voglia matta di correre e fare bene, dalla società allo staff, dai dirigenti ai calciatori. Parlavamo poco, ma lavoravamo tanto, ottimizzando tutto quello che avevamo. Abbiamo avuto il coraggio di puntare sui ragazzi. C’erano i senatori di una caratura umana impressionante, come Gaspare Pellegrino, Ciccio Vindigni, Nicola Arena, Daniele Arena, Fabio D’Agosta… Tutti ragazzi di grandissima caratura umana. E poi dei ragazzi che sono diventati dei gioielli…”.
Ti riferisci ad Alessandro Arena?
“Assolutamente sì, molti quando parlano di lui partono da Acireale, scordando che è partito dalla Promozione col Marina di Ragusa. Il Catania non ha più puntato su di lui, noi lo abbiamo preso e lì ho capito che con i suoi 16-17 anni avevo in mano qualcosa di straordinario. Ho fatto solo la cosa più semplice, metterlo in campo e farlo giocare”.
Adesso Arena è in grande crescita ed è accostato a squadre di Serie B…
“Io dico che Alessandro è pronto per fare la B. E secondo me dopo qualche anno di B potrebbe fare pure la Serie A. Però è giusto fare uno step alla volta”.