Torino a GS.it: ‘Indelebile gol alla Favorita. Che affetto i tifosi, Messina nel cuore ma torna al Celeste!’

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Ha portato a suon di gol il Messina dalla C2 alla serie B, diventando anche l’

Ha portato a suon di gol il Messina dalla C2 alla serie B, diventando anche l’idolo dei tifosi. Parliamo di Vittorio Torino, bomber classe 1973, in riva allo Stretto alla fine degli anni ’90. Con lui abbiamo ripercorso quel periodo siciliano, queste le sue parole a Goalsicilia.it.

Vittorio, parto dalla domanda più classica. Tre anni a Messina, come mai ti è entrata così nel cuore?

“Messina mi è entrata nel cuore per il calore e l’affetto che mi ha trasmesso la gente. La risposta sembra scontata, ma è davvero così. Io da napoletano lì mi sono trovato divinamente”.

Arrivi nel ’98 dal Gualdo, cosa ti porta a Messina?

“Avevo fatto un’ottima annata al Gualdo e c’erano tante richieste per me. Mister Nicoletti voleva portarmi a Livorno, però poi Nicola Salerno e Ciccio La Rosa mi convinsero ad andare a Messina, anche se significava scendere di categoria. È stata una scelta di cuore, le sensazioni che mi dava questa città erano troppo positive ed ero straconvinto che in due/tre anni saremmo tornati nel calcio che conta. Avevo ragione perché in tre anni siamo passati dalla C2 alla B”.

Quasi 60 gol, quali ricordi con più piacere?

“Ce ne sono diversi. Forse il primo è quello al Palermo alla Favorita. Poi il primo gol in assoluto, in Coppa all’Acireale, fu una bella presentazione per i miei nuovi tifosi. Anche quello al Benevento alla penultima giornata del primo anno mi è rimasto dentro. Tutti ricordi indelebili”.

Tu, Buonocore, Marra, Godeas, Sullo. Corino, Romano, giusto per citare qualcuno. Il Messina che fu promosso in B era una signora squadra…

“Ho un bel ricordo di tutti i miei compagni, grande affetto per loro. È normale che non ti senti con tutti, adesso sono passati quasi 20 anni. Sento spesso Enrico (Buonocore, ndr), anche Corino e Pippo Romano. Eravamo un gruppo molto affiatato ed unito”.

Ti dico tre parole, continua tu: Partenio, Sansonetti, Caridi…

“Evocano la pagina più amara di tutta la mia parentesi a Messina. Quel rigore che sbagliai al 90’ non ci permise di andare in B subito, ma consentì al Palermo di scavalcarci. Ho sofferto tantissimo per questa cosa, non dico che ne ho pagato le conseguenza ma quasi. Sicuramente se avessi fatto gol la mia avventura a Messina sarebbe continuata e quindi finita diversamente. Dispiace dopo la vittoria ai play off non aver potuto far festa per bene vista la morte del tifoso Currò”.

Hai ricordi di quel rigore o è la classica cosa che si cancella dalla memoria?

“Andai a calciare sicuro di me, anche se la responsabilità era tanta. Sentivo che in quel momento avevo sulle spalle, sì la squadra, ma anche tutta la città di Messina, quella palla pesava tanto. Ricordo solo le urla affrante della nostra tifoseria che era alle spalle, quando Sansonetti respinse la sfera. Questo mi è rimasto dentro”.

Dopo la vittoria sul Catania ai play off e la promozione in B vai via, perché?

“Perché dovevo andare via. Ero un calciatore che aveva mercato ed il Messina aveva bisogno di fare cassa. Sicuramente il rigore di Avellino ha influito sul mio addio. Era il momento in cui ci dovevamo separare, l’anno dopo sarei andato a scadenza, amen. Certo, non ti dico mi abbia fatto piacere andare via, anzi”.

Quest’anno il Messina ha ottenuto una salvezza tra mille insidie…

“Ha fatto tanta fatica, le vicende societarie non hanno certamente aiutato. Stando lontano l’ho seguito da ‘esterno’, forse la rosa non era da prime posizioni, ma sicuramente da campionato tranquillo sì. A Messina bisogna allestire una squadra forte, la piazza e la tifoseria lo meritano. Con un obiettivo importante la gente si riaccende, si entusiasma, e si riempie anche lo stadio”.

Ai tuoi tempi si giocava al Celeste, oggi al San Filippo/Scoglio. Quanto era importante il fattore campo?

“Il Celeste era un fortino, la gente era attaccata al campo e ti faceva davvero avere una marcia in più. Il San Filippo è un bello stadio, ma molto dispersivo, forse è stato pieno solo in serie A. Il Celeste aveva il suo fascino, in tre anni là credo di aver perso massimo cinque partite”.

Tu consigli di tornare al Celeste?

“Per la sua storia e per il calore che ti dà, anche domani (ride, ndr)”.

Ultima domanda: oggi cosa fa Vittorio Torino?

“Seguo il calcio da spettatore. Mi piacerebbe allenare, ma si fa una grande fatica anche a guidare le giovanili. Mio figlio gioca nel settore giovanile del Cesena e ogni tanto mi diverto a seguirlo. Mi piacerebbe allenare, ma è molto difficile”.