È andata via la serie A, è andata via la massima serie e, forse, è meglio così; abituarsi a vedere la Juve o l’Inter al Barbera, non ha mai fatto apprezzare fino in fondo questi anni, non ha mai fatto capire a Palermo ed al Palermo la bellezza di un ciclo durato più di un decennio: a noi di questa generazione di tifosi, la cadetteria (come veniva romanticamente chiamata un tempo) farà capire quanto siamo fortunati ad aver visto i colori rosanero avvicinarsi alla Champions, ad aver contato tra le maglie azzurre della Nazionale campione del mondo a Berlino ben cinque giocatori che si potevano incontrare tra le vie della città, ad essere stati a Roma in quarantamila per assistere ad una finale di Coppa Italia.
È sembrato tutto scontato e invece questa serie B farà capire che essere di Palermo ed essere siciliani è bello solo se sai che dovrai lottare per non affondare; nulla è per sempre, ma in Sicilia nulla appare destinato a durare più dell’onda che sbatte contro gli scogli e che rende precaria anche un’intera isola in cui non è raro avere l’impressione di essere, da un momento all’altro, inghiottiti da un mare che incanta, ma che allo stesso tempo corrode tutto ciò che incontra. Qualsiasi cosa, dalle nostre parti, o si cura od affonda e spesso, nonostante tutto, mancano le forze per tenere a lungo quelle corde adatte ad evitare alla barca di prendere il largo ed uscire dalle acque sicure del porto. Avviene così, nel suo piccolo, anche nel calcio; Palermo, Messina, Catania, Akragas, Trapani, Siracusa, Acireale, Licata e tante altre realtà, tutte diverse ma tutte accomunate dal classico destino di chi vive in un’isola da cui spostarsi è peccato oltre che complicato: grandi imprese, grandi progetti, grandi emozioni, che restano però enclavi dentro una storia fatta di tortuosi saliscendi, dove al fianco di stagioni vissute gomito a gomito con le grandi, arrivano poi fallimenti e retrocessioni.
Ma a Palermo oramai, ci si era abituati al meglio, si erano in fretta dimenticati i 31 anni passati tra B e C, mentre a Napoli si vincevano gli scudetti ed il tricolore si poggiava anche in città più piccole come Verona e Genova; è iniziato tutto in quel 29 maggio 2004, un giorno in cui tutti i tifosi hanno un aneddoto o un particolare ricordo della serata: personalmente, sarò sempre grato a quella notte in cui la sfida tra Palermo e Triestina riportava in massima serie i rosa, perché è riuscita a farmi cambiare idea su una città rimasta nascosta per tanti anni anche agli stessi siciliani.
Avevo 14 anni allora, le uniche volte che avevo visto Palermo in televisione erano per le commemorazioni delle stragi del 1992 oppure per fiction e film in cui pallottole, sangue e frasi del tipo ‘ma scassici a minkia’ erano una tragicomica costante; Palermo, da agrigentino, mi sembrava così: malinconica, abbandonata a se stessa, una grande città in cui ogni siciliano (o, perlomeno, un siciliano delle province occidentali) si è sempre diretto per avere il primo contatto con la ‘metropoli’, ma al tempo stesso un centro lasciato in balia degli eventi, un centro che diventa esso stesso periferia inguaribile ed insanabile. Ed invece, i quarantamila del Barbera con le bandiere rosanero, uno stadio nel pieno di una disciplinata festa, hanno dato l’impressione di una Palermo diversa, molto più simile ad una città normale; era arrivata la Serie A, era arrivata la prospettiva di vedere mezza Italia (anzi, considerando il blasone di allora del nostro campionato, mezza Europa) collegata con la città non per eventi di cronaca ma per un evento ‘normale’, normale come una partita di calcio, normale come assistere ai caroselli lungo il centro storico dopo una vittoria. In quel 29 maggio 2004, Palermo era invasa, Palermo era in festa, Palermo era una città normale: da allora, per me e per tanti siciliani, il capoluogo non è stato più quel periferico posto lontano dal mondo, ma quel luogo in cui era possibile vedere, per un adolescente, il mondo. Sì perché, dopo che anche le insegnanti già alle medie a queste latitudini predispongono alla fuga dall’isola, potersi recare al Renzo Barbera per vedere quei campioni che pochi anni prima si vedevano solo in Tv ha rappresentato la consapevolezza che, forse forse, non serve sempre prendere un aereo per vedere il mondo.
E il mondo, in parte, ha potuto vedere Palermo; come non ricordare il 26 novembre 2006, quando la città ha forse vissuto il suo apice sportivo: scendeva l’Inter di Mancini e ci si giocava il primato della classifica. Ebbene sì, Palermo ospitava una partita scudetto, una sfida che valeva una fetta di tricolore, un qualcosa che dalle nostre parti è sempre stato considerato affare delle città del nord; vinse l’Inter, ma che orgoglio per la Sicilia: tutte le tv collegate hanno potuto ammirare un tifo caloroso ma educato, uno stadio pieno ed una metropoli che si mostrava per i propri meriti sportivi. Come non ricordare anche la meraviglia dei giornalisti sportivi giunti a Palermo in massa per l’incontro che, nei collegamenti mattutini, non facevano altro che sottolineare il sole quasi estivo ed un’atmosfera ideale per un incontro di calcio; ma in generale, quante serate vissute al Barbera, quante volte tutti i siciliani residenti al nord hanno potuto sfottere amici o colleghi dopo i colpacci che più di una volta sono stati rifilati dai rosanero alle grandi della serie A.
Si è chiuso definitivamente un ciclo, che sembrava essersi solo arenato dopo la retrocessione del 2013 e l’immediata promozione, un ciclo che, tra le altre cose, sembrava potesse portare anche il primo trofeo in Sicilia, con almeno una Coppa Italia pronta ad essere messa in bacheca; così non è stato ed il motivo, forse, è da ricercare proprio nelle immagini della serata da cui tutto è iniziato, di quel 29 maggio 2004 cioè dove, di fatto, si è esultato allo stesso modo di come si esulta per la conquista di una Champions: Palermo aveva talmente fame di calcio, che ha salutato l’avvento della serie A con un entusiasmo senza precedenti e nemmeno la conquista di un posto nell’Europa che conta avrebbe portato tanta gente in strada come quella sera; l’ambiente rosanero ha aspettato la A allo stesso modo di come in altre metropoli si aspetta uno scudetto e questo, se da un lato ha dato prova di cosa è capace la piazza palermitana, dall’altro ha forse ‘saziato’ tutti ed ha fatto vedere la promozione più come un punto d’arrivo che di partenza, facendo evitare quel definitivo salto di qualità dell’ambiente vitale a vincere un trofeo.
Questo ciclo però, pur senza vittorie e pur concluso con un’aberrante retrocessione, ha cambiato per sempre la storia del calcio a Palermo: nessuno sa quando si rivedrà la Serie A, forse subito o forse tra qualche anno, pur tuttavia grazie a questi 13 anni il Palermo non sarà visto più come squadra sì blasonata ma arenata tra cadetti e stadi di provincia, ma come una grande capace di lottare con le grandi per più di un decennio; la prossima promozione quindi, comunque vada, non sarà il punto di arrivo per un intero ambiente e non sazierà subito una piazza e questo non sarà da sottovalutare quando si giocherà nuovamente in massima serie. Si diceva, 15 anni addietro, che il sogno più importante era quello di vedere il Palermo in A: lo abbiamo visto ed ammirato, il bagno di umiltà in serie B adesso servirà forse proprio a farci rendere conto dell’importanza di questi anni e di quel che si è vissuto, educando tifosi e città a sognare un trofeo e ad aspirare a qualcosa in più di una ‘semplice’ promozione.
In ogni caso, non si può dimenticare quanto accaduto in questo lungo ma veloce lasso di tempo: non mancheranno i magoni ed i nodi alla gola quando si dovrà vedere giocare la squadra il sabato alle 15,00, ma ogni volta che scenderanno in campo le maglie rosanero il pensiero andrà alle tante imprese, alle tante emozioni fatte vivere ad un popolo che finalmente ha potuto considerare normale la sua città, alle tante serate in cui il grande calcio ha conquistato la Sicilia e si è lasciato a sua volta trasportare e trascinare dal calore dell’isola. Mancherà la serie A ma, come detto, la storia del Palermo andrà avanti e continuerà il suo percorso: in questo giorno di commiato ma non di addio alla massima serie, è bene rendere tributo ai colori rosanero e non dimenticare la loro importanza per la città e per l’intera Sicilia. Torneremo e saremo più forti di prima: grazie Palermo, viva Palermo!