Non uscirà più dal carcere: l’Inter costretta a prendere le distanze | Sta già scontando la pena

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Beppe Marotta (LaPresse) Goalsicilia

Inter, e ambiente nerazzurro, al centro del ciclone mediatico a seguito del caso e dell’inchiesta sugli ultras di San Siro. 

L’inchiesta “Doppia Curva“, avviata dalla Procura antimafia di Milano, ha rivelato un sistema criminale radicato nelle tifoserie organizzate di Inter e Milan. Le indagini hanno portato all’arresto di diverse figure di spicco tra gli ultras, accusate di reati quali estorsione, violenza e associazione a delinquere, con aggravanti legate al metodo mafioso e alle infiltrazioni della ‘ndrangheta. Le attività illecite includevano il controllo dei parcheggi dello stadio Meazza, il bagarinaggio, la gestione abusiva di punti vendita di cibo e bevande, e l’intimidazione per mantenere il predominio su un giro d’affari milionario. ​

Le società calcistiche, pur non essendo indagate, sono state considerate “soggetti danneggiati” e si sono trovate in una posizione di sudditanza nei confronti delle tifoserie organizzate. Le pressioni esercitate dagli ultras hanno influenzato non solo le attività commerciali legate allo stadio, ma anche aspetti della gestione sportiva, come la distribuzione dei biglietti e le relazioni con i giocatori.

Tra gli indagati figurano anche imprenditori e personaggi pubblici, accusati di corruzione e favoreggiamento. Ad esempio, un imprenditore è stato accusato di aver versato denaro ai capi ultras in cambio della gestione dei parcheggi dello stadio, mentre un politico è stato coinvolto per presunti favori legati all’affidamento di appalti.

La complessità dell’inchiesta “Doppia Curva” ha messo in luce la necessità di un impegno congiunto tra le autorità giudiziarie, le forze dell’ordine e le società sportive per contrastare le infiltrazioni criminali nel mondo del calcio. La collaborazione attiva delle società, l’adozione di modelli organizzativi adeguati e la formazione dei propri membri sono passi fondamentali per garantire la trasparenza e l’integrità dello sport.

Il caso Beretta

Andrea Beretta, noto capo ultrà dell’Inter, è stato arrestato per l’omicidio di Antonio Bellocco, avvenuto il 4 settembre 2024 a Cernusco sul Naviglio. Secondo le indagini, i due si trovavano insieme in auto quando una lite è degenerata: Beretta ha accoltellato Bellocco, infliggendogli una decina di colpi al petto e alla gola. Beretta ha dichiarato di aver agito per legittima difesa, tuttavia il giudice per le indagini preliminari ha convalidato il fermo, evidenziando la gravità del fatto e il rischio di fuga.​

C’era il timore di ritorsioni da parte della ‘ndrangheta, dato che Bellocco era legato a una delle famiglie più influenti della criminalità organizzata calabrese . Durante l’interrogatorio, Beretta si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma ha reso dichiarazioni spontanee, affermando di aver iniziato a girare armato dopo aver saputo che qualcuno voleva ucciderlo .

Tifosi Inter (LaPresse) Goalsicilia

Le intercettazioni di Beretta

Come riportato da “La Repubblica”, durante un’intercettazione con l’ex moglie Marina, Beretta esprimeva la sua consapevolezza di essere un obiettivo. In un momento di apparente sacrificio, dichiarava: “Devo uscire, il bersaglio sono io. Se accade qualcosa, mi prendo io la responsabilità. Se mi eliminano, voi sarete al sicuro”. Aggiungeva poi: “Se resto qui dentro, o cercano di farmi del male, oppure mirano a colpirvi all’esterno”.

Nella stessa conversazione, Beretta supplicava l’ex moglie: “Voglio che tu stia con me, ti prego, cerca di capire. Non ho mai sbagliato su queste cose”. Alla sua obiezione, “Non hai mai sbagliato?”, Beretta replicava: “Questa era una cosa inevitabile, credi che potessi evitarla?”. La risposta di lei era netta: “Sì, dovevi evitare di frequentare certa gente“. Nei giorni successivi, il tono si faceva drammatico, con Beretta che, in lacrime, sentenziava: “Non esco più di qua, muoio. Hanno detto che faranno una strage”, lamentando il tradimento subito e il presunto tentativo di assassinarlo.