Melillo a GS.it: ‘’La mia storia dal Boca al River a Milito. A Troina sono stato bene, in futuro…’’

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A suon di giocate ha dimostrato di essere d’altra categoria, trascinando insieme agli altri il

A suon di giocate ha dimostrato di essere d’altra categoria, trascinando insieme agli altri il Troina alla conquista della serie D. Parliamo di Ezequiel Alejandro ‘Tanito’ Melillo, fantasista italo-argentino che nella finale di Coppa Italia Dilettanti ha sconvolto piacevolmente tifosi e addetti ai lavori con una doppietta e tante giocate d’alta scuola. Queste le sue parole a Goalsicilia.it.

Ezequiel, facciamo un po’ della tua storia. Dove nasci?

“In Argentina, a Buenos Aires la capitale, ad agosto del 1993”.

Dove inizi a giocare a calcio?

“Da piccolissimo facevo già parte del Boca Juniors, poi a 11 anni sono passato al River Plate ma sono rimasto solo un anno. Sono andato al Tigre dove sono arrivato fino agli Allievi. Sono arrivato in Italia a 15 anni, giocavo a calcio a 5 a Bari, giusto per mantenermi in allenamento perché aspettavo la cittadinanza visto che mio papà è di Salerno”.

Quindi così è iniziata l’avventura italiana…

“No, sono rimasto solo tre mesi, poi sono tornato in Argentina per un po’. Quando sono nuovamente arrivato in Italia sono andato al Palestrina in Eccellenza laziale. Qui a 15/16 anni, giocando già in prima squadra, abbiamo vinto il campionato insieme a Facundo (Ott Vale, ndr). Quando è finita la stagione mi ha visionato e chiamato per un provino il Napoli”.

Addirittura…

“In squadra c’erano il fratello di Lorenzo Insigne, Roberto, e Dezi che ora gioca al Bari, giusto per citare un paio di compagni. Avevo il procuratore di Lavezzi, solo che non ha trovato l’accordo con la società, quindi la mia avventura azzurra è durata poco. Tornando al Palestrina ho fatto un po’ di serie D, ma volevo tornare in Argentina perché mi mancava troppo casa e la famiglia. Qui ho giocato nel Racing Club de Avellaneda in serie A, ma con la Primavera. Dopo qualche mese ho fatto un allenamento con la prima squadra e ho finito il campionato con i ‘grandi’”.

C’era qualche nome di livello al Racing…

“Beh sì, c’erano Camoranesi, El Principe Diego Milito e Centurion che ha giocato in passato al Genoa. .Fino all’anno scorso sono rimasto là, ma è cambiato il tecnico che ha portato suoi giocatori e mi ha mandato di nuovo alla Primavera. Non mi andava di continuare in quella categoria però”.

L’arrivo a Troina…

“Là non prendevo stipendio da tanto e la mia compagna era incinta, quindi non potevo permettermi di giocare nella Primavera e per giunta senza stipendio. Così il mio amico Facundo (Ott Vale, ndr) mi ha chiamato per farmi arrivare a Troina, ho parlato con il grande ds Dario Dell’Arte ed ho accettato. Mia moglie era al settimo mese di gravidanza e ci siamo trasferiti qui”.

Quindi tua figlia è siciliana Doc…

“Sì (ride, ndr). È nata a Nicosia”.

Hai citato tante squadre, alcune lontano da casa. È stato difficile così giovane allontanarti dai tuoi genitori?

“Sì, da piccolo è stato difficile, molto difficile. Adesso che ho una mia famiglia, una figlia stupenda, mi basta stare con loro. Ovviamente mamma e papà mi mancano, ma si deve andare avanti”.

Raccontaci un aneddoto…

“Quando sono arrivato in Italia non sapevo parlare italiano. Dopo tre mesi, al momento di tornare in Argentina, ero alla stazione Termini di Roma per andare all’aeroporto di Fiumicino. Chiesi un’informazione ad una persona e lui mi risponde in modo incomprensibile (imita il verso, ndr). Io gli continuavo a parlare in spagnolo e lui rispondeva ancora così. Insomma ho capito solo dopo che era sordomuto (ride, ndr)”.

Hai un idolo?

“In assoluto è Riquelme, giocatore fortissimo”.

Uno dei pochi argentini che non risponde Maradona…

“Beh sì, Diego è il più grande di tutti, ma io non l’ho mai visto giocare. Per questo ti dico che il mio idolo è davvero Riquelme che ho visto giocare e mi ha impressionato”.

Per caratteristiche a chi somigli dei grandi giocatori?

“Non lo so, è difficile. Io sono un volante (centrocampista, ndr), ma qua ho giocato spesso sulla trequarti o come seconda punta. Mi piace giocare davanti, lo posso fare, ma preferisco giocare più in mezzo al campo perché amo essere coinvolto spesso nella manovra, avere la palla a disposizione”.

Insomma come Iniesta…

“Lui è un animale (ride, ndr), è un fenomeno. Magari gli somigliassi giusto un po’. Certo per caratteristiche se proprio ti devo dire qualcuno va bene lui”.

Per chi tifi?

“Per il Boca Junior, sono pazzo per questa squadra. Quando posso vado allo stadio a vedere le partite. Delle italiane simpatizzo per la Juventus, adoro Dybala, e ovviamente il Napoli per Maradona”.

Hai tatuaggi?

“Sì, ho tutto un braccio tatuato e poi sulla gamba. Il più bello è quello che ho sulla gamba, è la data del mio esordio in serie A argentina”.

Che musica ascolti?

“Mi piace il reggaeton e la cumbia, un ballo argentino come la salsa. Ascolto anche il rock nacional, tipico del mio paese”.

Lo bevete il mate (bevanda tipica argentina) a Troina?

“Ovvio, sempre. Quello non manca mai!”.

Fate anche le grigliate ovviamente…

“Sì, l’asado. Siamo tanti argentini qui, quindi abbiamo portato un po’ di tradizioni”.

Cosa ti piace fare quando non giochi a calcio?

“Adesso stare con la mia compagna e con mia figlia, non desidero altro”.

Hai 23 anni e hai già una figlia di 7 mesi e una compagna…

“Sto con lei da tre anni, il prossimo anno ci sposeremo”.

Qual è il tuo sogno?

“Giocare ad alti livelli qui in Italia, per adesso non penso al ritorno in Argentina. Il mio più grande sogno sarebbe giocare con la Salernitana, visto che mio papà è di Salerno, e mi ha detto che se un giorno giocherò là si trasferirebbe anche lui per tifare per me e la squadra”.

È venuto quest’anno a trovarti?

“La prima volta quando anni fa abbiamo fatto la cittadinanza. Qui a Troina è venuto con mia mamma un mesetto, poi però è dovuto tornare per lavoro”.

Hai fratelli?

“Sì, un fratello ed una sorella. Non mi chiedere se anche lui gioca a calcio perché ha oltre 40 anni e lavora (ride, ndr). Lui per me è un punto di riferimento, se ho bisogno di parlare di qualcosa lui c’è”.

Tutti voi argentini avete un soprannome, qual è il tuo?

“Sin da piccolo mi chiamavano Tanito. Mio padre si chiama Tano, quindi per tutti essendo piccolino ero Tanito. Al Napoli, visto che mi chiamo Ezequiel come Lavezzi, mi chiamavano Pocho”.

Cosa ti piacerebbe fare il prossimo anno?

“Non lo so ancora. Aspetto che il Troina mi faccia sapere se vuole tenermi o meno. A me piace sempre crescere, dopo aver giocato in Eccellenza e aver ottenuto il salto di categoria, mi piacerebbe giocare anche in D”.

Provo a farti arrabbiare. In tanti dicono che sei bravo ma sei tanto antipatico…

“Davvero? Non penso di esserlo. Certo mi rendo conto che il mio modo di giocare agli avversari non piace, ma non lo faccio di proposito. Mi piace fare i giochetti con la palla, se qualcuno mi dice qualcosa mi viene naturale farlo ‘impazzire’ ancora di più (ride, ndr)”.

Con chi ti sei trovato meglio nell’annata a Troina?

“Tutti, mi trovo bene con tutti. Ovviamente sto più vicino agli argentini per la lingua, ma più o meno nello spogliatoio vado d’accordo con tutti”.

Anche col mister?

“Sì, ho un ottimo rapporto anche con lui”.

Però ti ha fatto arrabbiare a non schierarti dall’inizio in finale di Coppa…

“Certo che mi ha fatto arrabbiare. Ho giocato quasi sempre dall’inizio, non mi ha di certo fatto piacere partire dalla panchina nella partita più importante. Ci può stare, ho tanto rispetto per lui e per i miei compagni. Infatti la mia rabbia è più che altro con me stesso”.

Quando sei entrato due gol e tante giocate, in tanti sono impazziti per te…

“Abbiamo preso tre gol in 20 minuti, è stato brutto. Come se mentre dormi ti danno tre schiaffi, era difficile reagire. Però penso che alla lunga abbiamo dimostrato di essere migliori, peccato che eravamo già tre gol sotto. L’obiettivo nostro era andare in D e l’abbiamo raggiunto, amen”.

Quanti gol hai fatto quest’anno?

“Sei in campionato e sette nelle coppe. Per un centrocampista 13 gol è un bel numero, visto che il mio mestiere è più che altro fare assist”.   

Ora torni in Argentina?

“Sì, torno a casa per battezzare mia figlia e per farla conoscere a mia sorella e a mio suocero, che non hanno ancora avuto modo di vederla. Resterò un paio di mesi, poi se mi cerca qualche squadra o se mi richiama il Troina, torno quando vogliono. Attualmente mi hanno detto di fare solo il biglietto d’andata, quindi vedremo. Il presidente Alì è una grande persona, mi ha detto comunque che ci sentiremo quando finiranno i campionati”.

Che lavoro avresti fatto se non avessi fatto il calciatore?

“Sinceramente non lo so, gioco a calcio da quando avevo 8 anni. Se un giorno non dovessi giocare a calcio, dovendo portare il pane a casa per mia figlia, mi adatterei a fare qualsiasi cosa. Mio padre lavora per una ditta edile, magari facevo quello anch’io”.