Lega Pro, Ghirelli scrive a Casini e Balata: “Incontriamoci per la riforma dei campionati”
Attraverso una lettera indirizzata Lorenzo Casini, presidente della Lega Serie A, e
Attraverso una lettera indirizzata Lorenzo Casini, presidente della Lega Serie A, e Mauro Balata, presidente della Lega B, il presidente della Lega Pro, Francesco Ghirelli, ha sollecitato un incontro per discutere la riforma dei campionati:
“Caro Lorenzo,
caro Mauro,
incontriamoci. Vi propongo di farlo nella bellissima Città di Firenze, per affrontare insieme il tema della Riforma dei campionati, come da mandato conferitoci nell’ultima riunione del Consiglio federale.
Ci siamo parlati in queste settimane, dobbiamo fare un passo decisivo in avanti. Ci dobbiamo provare e dobbiamo farlo con l’intento di riuscirci, perché lo stato di salute del calcio italiano non è dei migliori.
Fra pochi giorni si apriranno i campionati del mondo in Qatar e, per la seconda volta consecutiva, non scenderanno in campo gli azzurri. Il calcio italiano deve tornare ad essere competitivo, questo deve essere il primo obiettivo. Per riuscirci dobbiamo predisporre un progetto concreto di riforma del sistema calcio, con tempi certi e risorse finanziarie per i settori giovanili. Dobbiamo lavorare a sistema: centri sportivi come infrastrutture materiali di cui dotare i club e formazione dei “maestri”, allenatori, preparatori atletici con competenze diverse da quelle dei tecnici della prima squadra ma egualmente valide. Il Centro Tecnico di Coverciano deve rispondere a questa esigenza. Il progetto è a filiera, a sistema come quello scolastico e va coinvolta naturalmente anche la LND.
In questa direzione, è necessario lavorare fianco a fianco perché, in futuro, i nostri giovani siano protetti e non danneggiati, come è avvenuto in passato con alcune decisioni come quelle inizialmente legate ai benefici fiscali per il “rientro dei cervelli”.
Ogni Lega, poi, dovrebbe programmare un lavoro specifico da attuare in merito alla formazione dei giovani. Dobbiamo capire, in una logica di sistema, come valorizzare il ruolo di ciascuna Lega. Come può farlo, ad esempio, la Serie C? Tra gli elementi da valutare c’è quello delle seconde squadre, che rappresentano un progetto di formazione vincente in Europa e anche in Italia, a partire dalla crescita dei calciatori per la propria nazionale, passando dai vantaggi che ne possono trarre i club, con l’esempio positivo della Juventus che, in questa stagione, sta cominciando a trarne evidenti benefici. Il ritardo italiano nella formazione dei giovani è evidente, e dobbiamo lavorarci subito. Facciamo un esempio: dall’ultimo report CIES si nota come solo l’8,4 per cento dei giocatori di Serie A siano calciatori formati nel settore giovanile del club di appartenenza. La differenza con la Liga spagnola è abissale, dove questi tipi di calciatori sono il 21,7%, ma il nostro ritardo è evidente anche con la Ligue 1, 14,3%, Bundesliga, 13,2%, e Premier League, 13,1%.
Se davvero abbiamo la concreta volontà di fare la riforma dei campionati, ci sono solo due strade:
- una proposta con uno spettro temporale attuativo di tre/quattro anni in modo che gli interessi di breve periodo dei club attualmente in organico non siano di ostacolo;
- una proposta da attuare subito, qualora il calcio non potesse aspettare. Allora occorrerebbero subito risorse finanziarie. Faccio un esempio concreto che riguarda la Serie C, per non sfuggire alle responsabilità: si afferma che occorra stabilizzare i numeri per promozioni e retrocessioni. La Serie C si è dichiarata disponibile a discutere una promozione in meno in Serie B. Ma quale condizione consente questa importante rinuncia per i club? Che vi sia un sostanzioso riconoscimento, stabile nel tempo che le assicuri sostenibilità economica. Dove reperire le risorse finanziarie necessarie? In prima battuta dal paracadute che la Serie A versa ai club che retrocedono in Serie B, tra l’altro risolvendo un problema di distorsione competitiva a favore di tali club e di possibili conseguenti ricadute sulla regolarità del campionato di Serie B.
Vi è poi la necessità di rinvenire ulteriori risorse dalla revisione della Legge Melandri. Non c’è in Europa un sistema calcistico così penalizzante come quello italiano per le serie sottostanti da parte di quelle di prima divisione in termini di solidarietà (si pensi ai contributi elargiti in Europa dalle serie maggiori a quelle inferiori durante la pandemia).
La riforma deve essere ispirata ad una cultura altamente di sistema: mission dei campionati, sostenibilità economica, regole alla base e poi, solo come ultimo elemento di discussione, il numero delle squadre.
Chi parte dai numeri non vuole la riforma, questa è la storia degli ultimi sessanta anni. Unica riforma, o meglio autoriforma, è stata quella del 2012 della Serie C che si è ridotta da 90 club a 60 club: non abbiamo risolto nulla. O tagliamo tutti i numeri o il taglio delle squadre della Serie C è “una presa per i fondelli”, utile solo per dire tagliamo ma… non risolviamo nulla. Per capire questo, bisogna focalizzarci sui dati dell’ultimo Report Calcio FIGC: il deficit del calcio italiano è stato pari a circa 1 miliardo la serie A (20 club), 116 milioni la serie B (20 club), 96 milioni la Serie C (60 club). Se tagliamo trenta squadre di serie C, potrà diminuire il passivo totale di circa 40 milioni di euro…sarebbe questa la soluzione al problema del calcio italiano? Ma di che parliamo?
Dopo aver definito la riforma sui tre punti basilari, la Serie C è pronta a discutere sulla riduzione del numero dei club. Logicamente stessa cosa debbono fare la Serie A e la Serie B.
La riforma serve per riaprire un discorso con i ragazzi e le ragazze. Noi abbiamo un problema enorme di deficit economico-finanziario ma, ancor più grave è il rapporto con le nuove generazioni, millennials e generazione Z, le quali ritengono che “il calcio sia solo noia”. Se la situazione è questa, non c’è futuro. Cosa fare?
Non siamo in grado di dare interattività nel gioco, non credo sia possibile ridurre drasticamente i tempi delle partite; abbiamo stadi vecchi e obsoleti, spesso non adatti ad attività multidisciplinari e che non riescono a garantire l’interattività che i giovani vogliono. Cosa resta? Riforme ed emozione per provare l’ingaggio delle nuove generazioni. Dobbiamo avere il coraggio di innovare, cambiare.
Così come dobbiamo avere il coraggio di riformare la Coppa Italia. Questa competizione, oggi, non consente ai club dei diversi campionati di A, B, C e D di competere, se non in misura estremamente ridotta. Non c’è una solidarietà poiché per concorrere alla divisione delle risorse economiche occorre attraversare diversi passaggi di qualificazione.
Abbiamo esempi lampanti di quale tipo di coppa Nazionale funzioni, sia in termini di attrattiva verso il pubblico, sia in termini di solidarietà verso il sistema che di ritorno economico verso il tessuto sociale.
La riforma deve prevedere:
- formula all’inglese, Davide contro Golia;
- maggiore e più equa suddivisione delle risorse finanziarie;
- partita unica giocata nello stadio del club meno forte;
- organizzazione a carico di FIGC, che deve essere ente garante.
Un punto cruciale per il calcio italiano, ove l’unità ci può dare forza, è quello della rigenerazione degli stadi e dello sviluppo delle infrastrutture sportive. Noi stiamo lavorando sull’idea progettuale dello stadio come nuova centralità urbana, in cui il calcio è l’aggregatore e l’acceleratore di processi di sviluppo (digitalizzazione, transizione ecologica, sistema di trasporti leggeri, territorialità e forti sinergie con altre discipline sportive, ecc). Un progetto concreto che coinvolge i Club, i comuni proprietari degli impianti e gli investitori. Lega Pro svolge
il ruolo di “cabina di regia” mettendo a disposizione expertise specifiche nella strutturazione di operazioni di partenariato pubblico privato (PPP) – è questo lo strumento individuato per concretizzare gli investimenti – svolgendo ruolo di collegamento con le istituzioni.
I nuovi stadi devono avere un forte impatto sociale, progetti caratterizzati da elevata sostenibilità ambientale, luogo di aggregazione sociale e di opportunità per le categorie meritevoli di maggiore attenzione come i portatori di disabilità o come i giovani, ospiteranno servizi di interesse pubblico. Gli stadi sono un asse fondamentale della sostenibilità dei club, sono un asset decisivo del Piano industriale, su cui è tornato recentemente il Presidente Gabriele Gravina. Con credibilità, se faremo questo, ci potremo presentare al tavolo del Governo italiano per chiedere interventi nazionali. E’, altresì, un punto necessario e di forza, per la presentazione della candidatura dell’Italia ad ospitare il Campionato Europeo del calcio.
Ci sono altri temi importantissimi, calcio femminile, calcio per disabili, rapporto con la scuola, territorialità ed inclusività su cui discutere e trovare un comune sentire.
Aggiungo il tema degli emolumenti, la cui incidenz