L’Akragas c’è, ma non si vede…

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Sarebbe davvero un peccato non poter vedere ad Agrigento questa Akragas che, in

Sarebbe davvero un peccato non poter vedere ad Agrigento questa Akragas che, in sordina e lontana dai clamori, sembra crescere partita dopo partita. Ieri negli spogliatoi il mister della Paganese, Massimiliano Favo, ha tenuto più volte a sottolineare che la sua squadra nei giorni scorsi è stata colpita da un virus e che la scialba prestazione vista all’Esseneto è frutto quindi di problemi di salute accusati all’interno dello spogliatoio.

A prescindere dalla veridicità o meno dell’influenza di tale malessere, l’intensità mostrata dai biancazzurri avrebbe ugualmente avuto ragione sulla formazione campana e l’Akragas ha fatto divertire i pochi ma soddisfatti tifosi presenti nel tempio del tifo agrigentino.

Una squadra che gioca a calcio, che sa giocare a calcio e che riesce sempre più spesso anche ad insaccare la palla nella porta avversaria, primo obiettivo dello sport più popolare al mondo ma che nella scorsa stagione in alcuni momenti è sembrato essere vera e propria chimera. In poche parole, una realtà come quella che sta venendo posta in essere grazie al lavoro di mister Di Napoli ed i suoi meriterebbe decisamente più rispetto e più stabilità ambientale.

La notizia secondo cui non ci sarebbero più le condizioni per giocare all’Esseneto, con conseguente esilio in quel di Siracusa, sarebbe un peccato per i tifosi, ma anche una sconfitta per la città ed un dramma per la società: vorrebbe dire, di fatto, disputare i match senza nessuno che possa ammirare od applaudire il gioco dei giovani biancazzurri, senza che la città possa ospitare quella Serie C tanto sognata e tanto inseguita dopo più di un quarto di secolo di malefatte e peripezie, con la società che, inoltre, dovrebbe sborsare di più per quelle che di fatto sarebbero trasferte anche per quelle partite che in calendario risultano casalinghe.

Quanto accaduto sulla vicenda stadio non è di certo casuale: il problema si è iniziato a porre in tutta la sua evidenza nell’estate del 2014 quando, al momento di presentare istanza di ripescaggio in Lega Pro dopo il secondo posto nel girone e la finale play off persa a Fondi contro la Correggese, si è subito accertato come senza impianto di illuminazione l’Akragas non avrebbe in alcun modo potuto sperare nel ritorno tra i professionisti. La struttura, per intenderci, non è affatto inidonea: a differenza di molti campi che ospitano la C e la D in Italia, esistono tutti e quattro i settori, la vicinanza delle tribune al manto erboso rende ben visibile il match da ogni punto in cui si decide di osservare le sfide dei biancazzurri, spogliatoi e quant’altro sono stati rimessi a nuovo negli anni recenti. Manca soltanto, per l’appunto, l’impianto di illuminazione: quando l’Akragas è stata in Serie C negli anni ‘60 ed ‘80 bastava anche un semplice campo in terra battuta per avere l’omologazione, i lavori effettuati con i fondi di Italia ‘90 hanno portato l’erba naturale e la costruzione delle due curve mentre, non essendo necessario alcun impianto, le quattro torri faro non sono state costruite lasciando l’Esseneto sprovvisto di luce artificiale per eventuali match in notturna.

Come detto, il problema poi si è posto soltanto vent’anni dopo quando, finalmente, i colori biancazzurri sono tornati a lottare per un posto nel calcio che conta ma, a quel punto, la telenovela che si è aperta è degna delle stranezze a cui nel tempo Agrigento ha abituato i suoi abitanti e non solo: prima un tira e molla tra società e l’allora amministrazione Zambuto, poi la promessa di un progetto da rendere immediatamente esecutivo, successivamente sono arrivate le due deroghe della Lega per le prime due stagioni tra i professionisti e, contemporaneamente, tutto sembrava poter filare liscio grazie alla convenzione tra Akragas e Comune di Agrigento. Ma ecco che, come in ogni buona telenovela, quando il lieto finale sembra in procinto di essere scritto, arriva quel classico elemento che ti aspetti ma che speravi non avvenisse che fa nuovamente tornare tutto al punto di partenza: dai sogni di gloria e dalla festa salvezza, si è subito passati all’interno dello spettro della mancata iscrizione pur avendo una società di fatto senza debiti.

E così, allo stesso modo di come si pensa solo a sopravvivere quando si è in procinto di cadere nell’abisso, è chiaro che nei due mesi intercorsi tra il play out contro il Melfi e l’esordio contro il Rende nel nuovo campionato, a tutto si è pensato tranne che all’impianto di illuminazione; tutto questo per dire che, se si vuole affrontare un campionato professionistico, non si deve lasciare nulla al caso, né si deve puntualmente lottare per vivere tirando a campare ad ogni finestra di calciomercato e di pausa del torneo.

Senza programmazione non si va da nessuna parte, ad Agrigento vi è la dimostrazione più classica: una città che dal 1992 aspettava i professionisti, ha seguito con passione le vicende della squadra nelle cavalcate tra Eccellenza e Serie D, ma ha perso ogni entusiasmo progressivamente una volta tornata in C. A ben guardare la partita e la vittoria contro la Paganese, non sembra affatto vero che la città non sia degna di questa categoria o che non meriti di stare dove sta: nella sua storia, Agrigento ha ospitato anche i mondiali di ciclismo, i mondiali di off shore ed attualmente riesce a mantenere piuttosto egregiamente una squadra in Serie A2 nel basket, dare addosso a tifosi e ‘piazza’ per giustificare ignobili débâcle e figuracce organizzative non è intellettualmente onesto né corrisponde verità; semplicemente, da qualche anno a questa parte, parlare di Akragas è diventato sinonimo di approssimazione e di mancanza di progetti a lungo termine.

Mettere o cercare soldi non basta: serve anche programmare quegli interventi che, nel giro di pochi anni, riescano a far superare ogni difficoltà; dal 2014 ad oggi di anni ne sono passati tre e su quattro pali della luce da piantare all’Esseneto si è riusciti a fare una telenovela difficile da raccontare e decisamente snervante da seguire. E’ bene, come oramai si dice spesso a vuoto da diversi mesi, riorganizzare le idee e salvare il salvabile: la speranza è che l’Akragas possa giocare ad Agrigento e possa evitare il pellegrinaggio in quel di Siracusa; lo merita la città, lo merita la storia ed il blasone dei colori biancazzurri e lo meritano mister Di Napoli ed i suoi ragazzi che, con il loro bel gioco, potrebbero far vivere finalmente una stagione di soddisfazioni in Serie C ai tifosi agrigentini.

I due gol visti contro la Paganese non siano gli ultimi per i quali si è esultato ad Agrigento tra i professionisti: è questa l’ultima speranza a cui bisogna, più per attaccamento ai colori che per altri, aggrapparsi.