Keba a GS.it: ‘’Dal barcone al sogno di diventare professionista. Esperienze dure, racconto la mia storia…’’

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Abbiamo intercettato e fatto quattro chiacchiere con Keba Jaber, portiere gambia

Abbiamo intercettato e fatto quattro chiacchiere con Keba Jaber, portiere gambiano classe 1997, in Italia dal 2014. L’anno scorso ha vinto il campionato a Paceco, considerato tra i migliori estremi difensori della categoria, in futuro potrebbe firmare per un club di Serie C. Abbiamo ripercorso un po’ la sua storia, per cercare di conoscere il Keba uomo. Queste le sue parole a Goalsicilia.it.

Parto dalla domanda più banale: il nome è Keba vero?

“Sì esatto, il nome è Keba, il cognome è Jaber. Però ormai qua tutti mi chiamano Keba sia in confidenza che non, quindi va bene così (ride, ndr)”.

Dove sei nato e come sei arrivato in Italia?

“In una piccola città del Gambia e sono arrivato nel 2014 con uno dei tanti barconi che si vedono, purtroppo, in tv”.

Sei partito dalla Libia…

“Sì, esatto. Avevo 17 anni e sono partito da solo. Non chiedermi del viaggio perché non mi va di parlarne, non lo auguro a nessuno, troppo brutto. Sono arrivato a Trapani ad ottobre del 2014”.

Giocavi già a calcio in Gambia?

“Sì, in una scuola calcio e con amici, niente di professionale ovviamente. ”.

Qua come hai iniziato a giocare?

“Due anni fa ho giocato con la Blunda Paceco in Terza categoria. Mi hanno notato dal Paceco di Eccellenza e nell’ultima stagione ho indossato la maglia rossoargento”.  

Com’è andata quest’annata chiusa con la promozione in D?

“Stagione stupenda. La squadra ha sempre espresso un bel calcio, la vittoria finale è stata una grande gioia”.

Con chi ti trovavi meglio in squadra?

“Onestamente con tutti, mi hanno sempre trattato benissimo. Ovviamente ho un rapporto speciale con Sillah, africano come me, ma avevamo davvero un bel gruppo”.

Come mai hai iniziato proprio a parare?

“È stata quasi una scelta naturale, quando ho iniziato a giocare per la scuola calcio mi sono messo in porta e ho da subito adorato questo ruolo”.

Hai un idolo?

“Ovviamente Buffon, ma sono tifoso del Milan quindi adesso ammiro tanto Donnarumma. Quando ero in Gambia il mio modello era Cech che giocava nel Chelsea”.

La tua famiglia è in Gambia?

“Mia mamma non c’è più. In Africa ci sono papà, mia sorella ed il mio fratellastro. Naturalmente mi piacerebbe portarli con me, è un sogno che ho per il futuro”.

Nel tempo libero cosa fai?

“Mi piace andare a correre, fare sport anche quando non gioco a calcio”.

Che musica ascolti?

“Adoro ascoltare tanta musica e spazio su vari generi. Se proprio devo dirti qualcuno di preciso, non mi criticare (ride, ndr), ti dico Justin Bieber”.

Ti piace andare in discoteca?

“Sinceramente no. Poi sono musulmano, quindi non bevo alcol e diciamo che sono un po’ diverso dai miei coetanei italiani”.

Qual è il tuo cibo preferito?

“Per me il top è pizza e coca cola. In Gambia il riso, ma più che altro perché si mangiava solo quello ogni giorno (ride, ndr). Magari si condiva con carne o pesce, ma la base era sempre riso”.

Sei fidanzato?

“No, no, adesso no, per carità. La mia testa è solo ad andare avanti e avere un futuro roseo giocando sempre meglio. In questo momento il mio unico obiettivo è questo”.

Qual è il tuo sogno?

“Solo uno? (ride, ndr). Il mio sogno è giocare in una squadra importante, lo so che è banale ma davvero è così”.

Parli italiano abbastanza bene, è stato difficile impararlo?

“Piano piano sto migliorando, non è impossibile ma molto difficile. Quando ero in Gambia non conoscevo neanche una parola d’italiano, adesso me la cavo dai, no? (ride, ndr)”.

Sei in contatto con qualcuno dei tuoi amici storici?

“Tanti miei connazionali sono qua in Italia e molti giocano a calcio. Uno dei miei più cari amici giocava nel Trapani, Dampha, ora è al Palermo”.

Sei tornato in Gambia da quando stai in Italia?

“Sì, dopo tre anni sono tornato a casa per un mese quando è finito il campionato, nel maggio scorso. È stato bello rivedere i posti dove sono cresciuto ma soprattutto la mia famiglia. Il Gambia è davvero bello come paese, purtroppo c’è tanta povertà. E credimi ci sono tanti giocatori bravi, ma purtroppo è difficilissimo per loro arrivare in Europa”.

A questo punto abbiamo scambiato due chiacchiere con la famiglia che ospita Keba, Renzo Porcelli e Angela Buscaino. A parlare è la signora…

“Non siamo tutori, perché lo abbiamo conosciuto che era appena diventato maggiorenne. Ci siamo occupati di lui nei limiti delle nostre possibilità, posso garantire che è un ragazzo eccezionale. È determinato e ha le idee chiare”.

Un difetto di Keba?

“È un ragazzo eccezionale, ribadisco, ha sempre la battuta pronta e si fa voler bene. Un piccolo neo, ma che non definirei difetto, è che teme il razzismo. Nel senso che ha paura di essere giudicato per il colore della pelle e quando pensa che qualcuno non lo apprezzi come dovrebbe per questa ragione, si offende e si arrabbia. Da noi si dice che è un ‘Quarareddu di primo vugghiu’ (ride, ndr)”.

Mi conferma però che è molto amato…

“Le racconto un aneddoto. Mio marito qualche giorno fa è andato ad aggiustare una bicicletta e nel negozio c’era una foto di Keba con la maglia del Paceco. Insomma sì, confermo che è ben voluto da chi lo conosce umanamente, oltre che apprezzato calcisticamente”.