Diallo a GS.it: ‘’Troina è un paradiso. Mia storia, dai primi calci in Guinea, a serie A e gamba rotta…’’

Purtroppo la sua stagione è finita in anticipo a causa di un grave infortunio, la frattura scomposta di tibia e perone nel corso della gara di Coppa. Parliamo di Moustapha Diallo, attaccante del Troina, che ci ha raccontato un po’ la sua storia. Queste le sue parole a Goalsicilia.it.

Moustapha o Moussy, come ti chiamo?

“Moussy mi chiamano gli amici, quindi va bene”.

Moussy, partiamo dalla fine. I tuoi compagni hanno battuto il Paterno e ormai siete ad un passo dalla D…

“Sensazione di felicità. Battendo il Paterno abbiamo raggiunto il 90% del nostro obiettivo, quindi non possiamo che esserne entusiasti per tutti i sacrifici che abbiamo fatto nel corso della stagione”.

All’andata un brutto infortunio. Come stai?

“Ora sto un po’ meglio, ma la cosa che mi ha fatto vivere meglio questa situazione è che non mi hanno mai fatto sentire da solo. Troina non è un semplice gruppo, è proprio una famiglia. La gente mi ha fatto sentire uno di loro e questo mi ha dato ancora più voglia di tornare il prima possibile”.

Ti sei subito reso conto che era una cosa brutta?

“Purtroppo sì. Quando ho sentito il rumore dell’osso che si spezzava ed un dolore fortissimo, mi sono reso conto che mi stava capitando qualcosa di brutto. Sono caduto da solo, ma credo che tutte le botte che ho preso hanno reso debole questa parte di gamba”.

Un po’ della tua storia. Nasci il 16 maggio 1992 in Guinea, quando inizi a giocare a calcio?

“Me lo chiedono tutti (ride, ndr), ma non so rispondere. Ho sempre giocato a calcio, se vado indietro con la memoria non ho un ricordo senza pallone. Ho iniziato in una squadra di quartiere, con amici e non ho mai smesso”.

Quando arrivi in Europa?

“Arrivo nel 2010 in Ungheria. Sono venuti a vedermi e mi hanno portato là. Facevo parte del Budapest Honved, squadra della serie A magiara”.

Come è stato passare dall’Africa al Nord Europa?

“Ricordo bene che per loro era estate, ma io morivo di freddo (ride, ndr). Mi sono abituato velocemente e sono stato là quattro anni, bellissimi”.

Da quante persone è composta la tua famiglia?

“Purtroppo mio papà non c’è più da quattro anni. Mia mamma e quattro sorelle stanno ancora in Guinea, io sono il più piccolo”.

Ti piacerebbe portarli qua?

“È tosta, per adesso viviamo così. In futuro vedremo…”.  

Se non avessi fatto il calciatore?

“(ride di gusto, ndr) Non posso dirlo cosa avrei fatto. È un lavoro che mi piacerebbe fare un giorno, ma per adesso non voglio dirlo”.

Hai tatuaggi?

“Ne ho uno all’interno del braccio destro. Vorrei farne altri, ma ogni tattoo per me deve avere una motivazione. Magari mi tatuerò l’infortunio”.

Che musica ascolti?

“Adoro la musica reggae”.

Di solito la musica reggae è accompagnata…

“Anticipo il tuo finale di domanda. Molti la pensano così (ride, ndr), io non fumo neanche sigarette”.  

Passatempo preferito?

“Mi piace stare con amici, parlando di altro rispetto al calcio. Odio la play station, sono proprio ‘anti’. Mi piace invece sparare, giocare a softair”.

Compagno con cui ti trovi meglio?

“Beh, queste domande non si possono fare (ride, ndr). Scherzi a parte mi trovo bene con tutti, davvero”.

Idolo?

“In assoluto è Eto’o. Mi piace, non tanto per caratteristiche, ma il suo carattere. Per caratteristiche c’è invece Drogba. Più che somigliargli fisicamente, mi piacerebbe avere il suo conto in banca però (ride, ndr)”.

Sei sposato?

“Eh sì, ho quasi 25 anni ma ho già messo la testa a posto. Sono sposato già da 4 anni con una stupenda ragazza italiana”.

Che ricordo hai dell’Ungheria?

“Ti racconto una cosa divertente che ho vissuto con un amico che ora gioca in Inghilterra. Stavamo a Budapest da una settimana in albergo, quindi volevamo uscire un po’ per vedere… facce nuove (usa ridendo un termine più colorito, ndr). Di fatto l’albergo stava quasi in centro, ma io volevo andare dove c’era movimento. Siamo saliti su una metropolitana e, visto che dove stavamo c’era il nulla, ci siamo detti che il centro sarebbe stato all’ultima stazione visto che i nomi erano incomprensibili. Abbiamo fatto un’ora di treno, quando siamo usciti non c’era anima viva (ride di gusto, ndr). Di fatto siamo quasi usciti dall’Ungheria”.  

In Grecia com’è andata?

“Stavo per approdare in Italia, ma era dicembre e ci volevano un paio di mesi per fare tutto l’iter del trasferimento. Non volevo stare fermo tutto questo tempo, quindi ho deciso di andare in Grecia. Ho giocato solo un paio di mesi, giusto per riprendere un po’ di forma”.

Poi arrivi in Italia…

“C’era il problema del permesso di soggiorno, nessuna squadra voleva prendersi questo incarico. Mi allenavo da solo e mi hanno visto e fatto giocare per una squadra di Promozione. Il Cicciano in Campania vicino Nola, dove ho fatto 33 gol in 15 partite. Un posto stupendo, per me una seconda famiglia”.

Poi l’Aversa…

“Era una squadra in ricostruzione, in cui c’era una rosa di giovanissimi con l’obiettivo della salvezza. Là ho conosciuto veri amici come Franco del Monopoli e Porcaro della Leonzio. Comunque io ed un altro paio di ‘grandi’ abbiamo trascinato la squadra ai play off, nessuno se lo aspettava. Ho fatto 15 gol, insomma stagione positiva”.

E come arrivi a Troina?

“Grazie alla bravura del mago, io lo chiamo così perché in pochi capiscono di calcio come lui, ds Dario Dell’Arte. Devo essere sincero, dopo quell’ottimo campionato di D non ero molto convinto di scendere in Eccellenza. Mi ha convinto e sono arrivato a Troina per vedere un po’ come era la situazione. Al di là di quello che si dice, che è un piccolo paese ecc, credimi è un paradiso. Io sto benissimo, non avrei potuto vivere in un posto migliore. Un ringraziamento voglio farlo anche a mister Pagana, oltre che un bravissimo allenatore è una persona eccezionale. Mi ha insegnato tanto e mi ha sempre trattato benissimo”.

Quindi l’obiettivo è restare anche il prossimo anno…

“Beh sì mi piacerebbe, ma non è una decisione che spetta solo a me. Sono entrambe le parti a dover essere d’accordo”.

Parli come un giocatore di serie A, non ti sbilanci…

“Ho fatto quattro anni di serie A in Ungheria (ride, ndr), qualcosa ho imparato”.

Il calcio in Ungheria è vissuto come qua?

“Qui in Italia siete molto più caldi, la gente vive il calcio con grande passione. Tante volte è bella, altre è esagerata”.

Quindi, per esempio, In Ungheria camminavi per strada e non ti riconoscevano, ad Aversa e Troina sì…

“Ehm, al contrario (ride, ndr). Modestia a parte, credimi che in Ungheria in quegli anni il mio nome circolava parecchio. Ero troppo giovane, ad un certo punto mi sono scocciato ed ero convinto di essere Neymar, quindi sono voluto andar via. La vita è così…”.

Il tuo sogno?

“Tornare a quello che ho lasciato qualche anno fa. Non intendo in Ungheria, ma giocare contro avversari importanti e competitivi. L’Eccellenza, per carità, è un bel campionato, nelle varie squadre ci sono alcuni elementi di valore, ma non tanti rivali. C’è tanto agonismo, gli arbitri non sono niente di che e ti penalizzano. Io sono più grosso di molti avversari, i direttori di gara non credo abbiano mai giocato a calcio e mi fischiano contro ogni contatto, facendomi ovviamente anche innervosire. Più basso è il livello, più difficile è giocare a calcio nel vero senso della parola”.

Ora sei infortunato, ma in passato hai avuto qualche contatto con squadre professioniste?

“Ogni tanto c’è stato qualche contatto, ma per noi extracomunitari è difficile giocare anche in Lega Pro. Adesso, essendo sposato con un’italiana, prenderò la cittadinanza quindi i problemi dovrebbero essere minori”.

Tra quanto tempo tornerai in campo?

“Spero di tornare a correre in estate ed essere tra tre mesi al 70%, per fortuna il campionato sta finendo quindi avrò tutto il periodo estivo per riprendermi dall’infortunio.  L’obiettivo è essere in campo per quando inizierà la nuova stagione”.

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Dario Li Vigni