Di Napoli fiume a GS.it: ‘’Vi racconto il mio anno all’Akragas, tra critiche e soddisfazioni. I meriti…’’
Con un’impresa che rasenta il miracolo sportivo ha guidato i suoi “ragazzini terribili”, co
Con un’impresa che rasenta il miracolo sportivo ha guidato i suoi “ragazzini terribili”, così li ha definiti, ad una salvezza in Lega Pro che fino a qualche mese fa poteva sembrare insperata. Parliamo di Raffaele “Lello” Di Napoli, tecnico dell’Akragas, che sicuramente è da considerare, non a parole ma con i fatti, tra i migliori tecnici della categoria. Con lui abbiamo fatto una lunga chiacchierata, queste le sue parole a Goalsicilia.it.
Mister, provo subito a pungerti. C’è stato un momento dell’anno in cui hai pensato “Ma chi me l’ha fatto fare”?
“L’anno scorso qui c’era una buonissima squadra, con parecchi calciatori di categoria. Quando mi hanno chiamato, mi hanno spiegato che il progetto era ridimensionato e che si sarebbe puntato sui giovani. Io, come spesso dico, non sono un allenatore mediatico che ama stare su Facebook o Twitter o che ama andare in tv. A me piace dare spazio a staff e giocatori”.
Però non mi hai risposto. Neanche per un attimo hai pensato di andare via?
“No, assolutamente no! A me piace lavorare sul campo, mi piace fare i fatti non voli pindarici a parole. Conosco solo la parola ‘lavorare’. Forse per fare un certo tipo di carriera devi gestire meglio la stampa, devi saperti vendere come si usa dire”.
Per te parlano i fatti però…
“Beh, l’anno scorso sono arrivato settimo a Messina con una situazione critica societaria che poi è esplosa quest’anno, ma nonostante ciò siamo stati contestati il giorno prima di andare via. Quest’anno, con una squadra importante che secondo me poteva arrivare ai play off, si sono salvati all’ultima giornata e hanno fatto una festa. Io magari non stavo simpatico perché non mi esponevo mediaticamente, ma c’è qualcosa che non torna (ride, ndr)”.
Quest’anno è andata bene…
“Ho vinto una scommessa, insieme alla società e al mio staff, di un progetto giovane. Abbiamo valorizzato una dozzina di giocatori classe 1997/1998/1999 e anche 2000. Tutti già a luglio ci davano morti, a gennaio ci hanno fatto il funerale ma hanno partecipato solo loro. Noi con orgoglio, umiltà e tanto lavoro ci siamo salvati togliendoci una grande soddisfazione, dando orgoglio alla città”.
Agrigento merita la Lega Pro…
“Almeno la Lega Pro, ma non tutti. Questa è una città di criticoni. Parecchie persone nel corso dell’annata, anziché osannare questi ragazzini che hanno dato tutto, trovavano il pelo nell’uovo pur di muovere qualche critica”.
Torno un attimo alla gara decisiva col Melfi. Vedendo la partita ho avuto la sensazione che la tua espulsione sia stata quasi calcolata. L’Akragas era un po’ in bambola, non riusciva a produrre gioco, dopo il tuo allontanamento è cambiato tutto. Sbaglio?
“(ride, ndr) No, posso solo dirti bravo. Hai visto bene. Faccio un passo indietro. Il Melfi all’andata ci ha messo in difficoltà con tre calci piazzati, dove Pane è stato mostruoso, poi niente di che nonostante loro abbiano detto che ci hanno dominato. Anzi, noi abbiamo avuto qualche occasione potenziale che non si è concretizzata per l’ultimo passaggio sbagliato. Io ho schierato a sorpresa un 3-4-3, tra l’altro con un ’99, che li ha colti alla sprovvista perché pensavano scendessimo in campo con il classico 3-5-2. Loro hanno gente abituata a fare i play off, gente esperta come Marano, De Angelis, Foggia, De Vena, Vicente, Laezza, Romeo, Grea, Gragnaniello, noi però ci siamo fatti la nostra partita con umiltà e con coraggio”.
Per la gara di ritorno però hai cambiato qualcosa…
“In settimana ho rivisto la gara d’andata tre volte e ho preparato il match in un’altra maniera. Partendo con Cocuzza e Salvemini, pronto ad inserire Klaric nella ripresa perché avevo bisogno di una punta che attaccasse la profondità. Sono passati con un pizzico di fortuna in vantaggio e hanno cominciato a far morire la partita con esperienza. Per esempio Gragnaniello perdeva 30 secondi ogni volta per effettuare la rimessa in gioco ma, ribadisco, è normale e fa parte del calcio”.
Poi la sopracitata espulsione…
“Ad inizio partita ci hanno detto che, in caso di infortunio, non avrebbero messo la palla fuori ma sarebbe dovuto intervenire l’arbitro. De Angelis si butta a terra, la palla va fuori e loro pretendevano che noi gliela passassimo, ma io ho detto che non l’avremmo restituita perché erano stati loro stessi a dire di non farlo ad inizio match. Romeo è venuto da me, evito di entrare nel merito della discussione, ma ho cercato di spezzare quella scia in cui si stava incanalando il match che si stava addormentando. Quello invece è stato il La che ci ha dato la scossa”.
L’ingresso di Leveque è stato determinante…
“Loro hanno fatto uscire Marano per il rapido Demontis, allora in tutta risposta ho tolto un difensore e mandando dentro Leveque. Così abbiamo spaccato la partita, il ragazzino ha fatto la differenza e l’assist è stato solo la ciliegina sulla torta”.
Dopo la gara d’andata vi hanno criticato per antisportività…
“Gli altri allenatori, quando venivano da noi e vincevano, era tutto perfetto. Se perdevano: o era colpa del campo, o era colpa dell’arbitro, o dicevano che noi eravamo antisportivi. Io mi ritengo onesto, quando meritavamo di perdere, dicevo che era giusto e mi assumevo tutta la responsabilità. Quando vincevamo sottolineavo che il merito era soltanto dei ragazzi. Mi ritengo una persona vera e sincera, voglio essere apprezzato solo per il lavoro che faccio e non per ciò che dico”.
Però credo che ad oggi sei parecchio apprezzato, no?
“Mah, sì. Non lo so. Noi abbiamo avuto il budget più basso di tutta la Lega Pro e ci siamo salvati. Altre squadre, con 10 volte il nostro budget, hanno ottenuto lo stesso risultato. Però l’allenatore di questa squadra X, giusto per fare un esempio, magari è cercato da Milan, Inter e Juventus. Di Napoli, che non è mediatico, ha fatto il suo. Questo un po’ mi dà fastidio”.
Torno a qualche mese fa, quando ti sei infuriato perché ti hanno urlato ‘Di Napoli vattene’ dopo il rigore sbagliato da Palmiero…
“Beh qui è andata un po’ così. Sbagliava il rigore Palmiero ‘Di Napoli vattene’, sbagliava il gol Cocuzza ‘Di Napoli vattene’, l’arbitro ci fischiava un fallo contro ‘Di Napoli vattene’. Purtroppo è successo anche mentre ero fuori con mia moglie sentirmi dire ‘Sei senza dignità te ne devi andare’. Non ho mai rubato, ho fatto grandi sacrifici e non entro nei dettagli perché non mi va di toccare la sfera personale. Io gli attributi li ho, mi faccio ammazzare e mi butto nel fuoco, ma la soddisfazione di andarmene non la do. Questa voglia e questa determinazione sono felice di essere riuscito a trasmetterla ai ragazzi, uomini meravigliosi”.
Si è creato un bel gruppo…
“Alla cena di fine stagione mi hanno dedicato una lettera che mi ha fatto piangere (si percepisce dalla voce la commozione, ndr). Mi hanno ringraziato per quello che ho fatto per loro, il succo è questo. Ho preso insulti, mi sono sempre assunto tutte le colpe. Quando perdevamo mi assumevo sempre la responsabilità, ribadisco. A Catania per esempio, quando abbiamo vinto, in tanti mi hanno fatto i complimenti perché tatticamente ho messo in difficoltà la squadra di Rigoli. Io ho risposto che il merito non era mio, ma della squadra”.
Con le dovute differenze, hai fatto il ‘Mourinho’ della situazione. Scudo davanti alla squadra…
“Questa è stata la seconda cosa importante che hai notato e molti altri, pur avendomi vissuto, non se ne sono accorti. Spesso ho preso me*da, ma a me interessava solo lavorare e fare crescere questi splendidi ragazzi che ho allenato. È stato bello che loro se ne siano resi conto e me lo hanno dimostrato con la lettera che mi hanno regalato. Ho cercato di insegnargli i valori sani di questo sport”.
In che senso?
“Io purtroppo ho una squadra che non è furba (ride, ndr). Contro il Melfi, giusto per citare l’ultimo episodio, abbiamo avuto nel primo tempo un’occasione che potevamo prendere rigore ed espulsione. Nello spogliatoio il ragazzo mi ha detto ‘Mister io sono onesto, non riesco a buttarmi per terra’. Questo mi fa capire quanto siamo spettacolari umanamente i miei ragazzi”.
Ti percepisco orgoglioso…
“Una delle cose che ho portato ad Agrigento, sono contento che la mia dirigenza se ne sia resa conto, è la professionalità legata al rispetto. Ho cercato e ho preteso determinati comportamenti. Io ai ragazzi ho detto di chiamarmi Lello, Se mi chiamano mister in modo formale, ma poi non mi rispettano, non me ne faccio niente. Se mi chiamano per nome e mi rispettano a me va benissimo, cosa che è successa. C’è chi tiene solo alla forma, io non sono così. È normale che il ruolo dell’allenatore deve stare al di sopra di tutto, questo è chiaro. Sono soddisfatto che questa cosa è stata recepita da tutto lo staff, dai custodi del campo al magazziniere, passando per squadra, dirigenti, staff tecnico e medico. Per fare un esempio, al magazziniere non darò mai una calza al contrario, perché rispetto il suo lavoro e cerco di metterlo nelle condizioni giuste per lavorare”.
Insomma c’era un bell’ambiente…
“L’ho percepito durante tutta la stagione, c’era il piacere di stare insieme. Faccio un esempio stupido. Quando stavamo in ritiro, anche se so che altri non lo fanno, io al mio tavolo volevo tutto lo staff. Non è che perché mi chiamo allenatore sono superiore, ma finiamola. Siamo tutti rotelle dello stesso ingranaggio”.
Hai fatto una cosa molto bella che in pochi altri hanno fatto. Una conferenza di fine stagione in cui era presente tutto lo staff…
“Anche l’anno scorso a Messina l’ho fatto, fa parte del mio modo di essere. Dico sempre che io, da allenatore, sono solo la punta dell’iceberg ma mi piace condividere le emozioni e se c’è una cosa bella è giusto dividerla tra tutti”.
Torno ancora un po’ indietro. A gennaio via Marino, Salandria, Zanini e Gomez. Non ti è crollato un po’ il mondo addosso?
“Onestamente no, perché torniamo al punto iniziale. A me piace lavorare sul campo e ho avuto la fortuna di portare qui gente che conoscevo, e che conosceva il mio modo di giocare, come Mileto e Bramati. Al di là della qualità dei ragazzi che sono andati via, ottimi giocatori ma non li scopro io, successivamente c’è stato più equilibrio”.
Escludendo il ritorno con il Melfi, qual è il momento decisivo della stagione?
“Ci sono stati tre momenti nel corso dell’anno in cui siamo stati ad un passo dall’affogare, ma ci siamo rialzati. Il primo ad inizio anno quando perdemmo a Pagani, l’ambiente stava già andando nel negativo, ma subito dopo abbiamo vinto a Caserta facendoci capire che potevamo dire la nostra, acquistando consapevolezza. Il secondo quando abbiamo perso tre gare al 95’ a partire da Catanzaro, siamo andati a Taranto facendo una signora partita e vincendo 2-0. Infine quando abbiamo pareggiato a Melfi tenendoli sotto e non permettendogli il sorpasso. C’è stato poi un momento in cui siamo stati convinti di salvarci direttamente, dopo la vittoria col Siracusa ed il pari di Messina, ma avevamo parecchi infortunati e la sconfitta con la Paganese ci ha dato una mazzata”.
Hai avuto una squadra con qualche esperto e tanti giovani…
“Pane ti dà delle certezze, Salvemini la concretezza. Cocuzza ha fatto tre gol pesantissimi e decisivi. La solidità della difesa che, Thiago a parte, aveva Riggio ’96, Mileto e Russo ’95. La sorpresa Sepe, giocatore che l’anno scorso era retrocesso dall’Eccellenza alla Promozione ed è stato una delle rivelazioni di questo campionato. Il gol col Fondi all’ultimo secondo del ’99 Sicurella, dove se avessimo perso forse la società avrebbe mollato tutto. Leveque, classe ‘99’, giocava in D e secondo me si farà perché ha grandi qualità. Coppola è arrivato dall’Entella da mezzala, io gli ho fatto fare spesso il quinto di centrocampo e ha disputato un gran campionato. Tutto ciò credo sia merito dello staff”.
Sassolino dalla scarpa…
“No, non ne ho, il calcio va così. Qui ad Agrigento una parte di tifoseria mi ha accolto con diffidenza, ma ho capito che è proprio il loro modo di vivere la vita. Sono contento di aver dato seguito a quanto di buono fatto a Messina e forse là non sono stato apprezzato per quello che meritavo. Ma magari è così perché loro sono abituati a grandi allenatori… Sono felicissimo di essere venuto ad Agrigento perché a livello umano mi ha dato molto più rispetto alla città dello Stretto, non ho grandi ricordi di quella piazza”.
Hai lanciato tanti giovani: è un tuo punto di forza o rischia di essere un tatuaggio come ‘l’allenatore che sa lavorare solo con i ragazzini’?
“Non lo reputo un punto di forza, ma solo una capacità di un allenatore moderno. L’anno scorso avevo una squadra esperta con gente come Tavares, Gustavo, Martinelli, Burzigotti, De Vito, e così via. Quest’anno ho lavorato con i giovani. L’essere seguito penso sempre dipenda dalle tue idee e dall’apertura mentale, non dalle età. Se tu proponi cose interessanti ti seguono, a livello di gioco e di diversificazione di allenamenti. I giocatori devono arrivare all’allenamento chiedendosi ‘Chissà cosa ci fa fare oggi il mister’. Quando propongo un certo tipo di lavoro spiego l’obiettivo qual è e a c osa serve nello specifico. Per esempio se gioco contro una squadra che di solito si schiera con il 3-4-3, punto su allenamenti legati alla profondità e così via”.
Insomma non alleni i giocatori come fossero robot, ma proprio da uomini…
“Bravo. Nella difficoltà mi sono trovato gli uomini, con i robot probabilmente avremmo perso contro il Melfi. Leveque ha fatto una partita che è stata l’espressione massima del calcio, con un robottino tutto ciò non sarebbe successo. Ha messo una palla per il gol di Longo che è killer per le difese, alla Totti, neanche in serie A si vede spesso. Abbiamo lavorato tanto su questi principi”.
Il tuo modello di allenatore?
“Come ho già dichiarato più volte mi ispiro a Sarri, un tecnico che ha delle idee e che ha perseverato nel suo lavoro. A me piace tanto anche Conte e quello che mi ha sbalordito è Allegri. Tatticamente è la dimostrazione, così come Spalletti, che il calcio è cambiato. Non esistono più il 4-3-3 o il 4-4-2 ma solo concetti o principi di gioco. Noi quest’anno all’Akragas lo abbiamo fatto, cambiando spesso modo di giocare anche in corso d’opera”.
Il tuo futuro? Immagino ti piacerebbe restare in Sicilia…
“Vediamo. Intanto faccio un po’ di vacanza, poi vedremo. Non mi dispiacerebbe restare in Sicilia”.