Di Napoli a GS.it: “Racconto la mia annata all’Akragas. Dal mercato alle partite, aneddoto tragicomico…”

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La stagione scorsa è stata esaltante, con una salvezza raggiunta al fotofinish che sapeva di mir

La stagione scorsa è stata esaltante, con una salvezza raggiunta al fotofinish che sapeva di miracolo. Ci riferiamo all’Akragas, che però quest’anno non è riuscita a ripetere le imprese di un anno fa. A farne le spese il tecnico Lello Di Napoli, esonerato da qualche giorno. Con lui abbiamo fatto il punto della situazione, queste le sue parole a Goalsicilia.it.

Mister, partiamo dall’estate scorsa. La tua avventura ad Agrigento sembrava finita, poi cosa è successo?

“Quando è morta mia mamma ho avuto un momento di sconforto, per paura di vivere nel ricordo del dolore ho voluto ripartire subito a lavorare. Forse un po’ da vigliacco mi sono ributtato subito sul lavoro, ho parlato con Giavarini e Alessi che mi hanno prospettato un progetto ‘giovane’ come l’anno prima, con un 11 titolare formato da 5 Over e 6 Under. Il 15 luglio è scomparsa mia mamma, il 18 ero già a selezionare l’abbigliamento sportivo, ad oggi è stato un grandissimo errore”.

Quando hai capito che è stato un errore?

“Quando mi sono reso conto che attorno avevo gente scarsa, non era gente di calcio. Ero comunque convinto che potevamo fare qualcosa di buono, poi quando ci hanno tolto la deroga per giocare all’Esseneto è sprofondato tutto. Sponsor non ce ne erano più, di fatto eravamo sempre in trasferta, i problemi economici eccome se c’erano… Ho cercato di prendermi tutte le responsabilità ma i risultati non mi hanno accompagnato e quando è così l’allenatore paga, come è giusto che sia”.

Torno all’avvio della stagione, due vittorie di fila contro Paganese e Casertana, qualche sconfitta ma anche due pari tra cui quello a Lecce. In quel periodo forse ci avevi cominciato a credere nuovamente…

“Fino alla decima partita, oltre ad aver proposto un ottimo calcio, avevamo un’autostima molto alta. L’anno scorso avevamo un livello tecnico assolutamente inferiore, ma c’era un’anima, un carattere importante con gente come Pane, Marino, Thiago, Pezzella. Quest’anno il livello tecnico era più alto, ma ci è mancato quel carattere per reagire alle situazioni difficili. In ogni caso ringrazio i ragazzi, perché hanno lavorato in situazioni abbastanza complicate senza mai lamentarsi e dando sempre il massimo. A cominciare dal capitano Vono, grandissima persona, a tutti gli altri compresi gli arrivi di gennaio”.

Dal punto di vista societario…

“Ringrazio Ernesto Russello, in questi mesi mi ha dato tanto, ma poi eravamo soli. Meritano un grazie Davide Sardo l’addetto stampa, il dottor Taverna per me è stato un secondo padre, i custodi Totò Prinzivalli e Peppe Alfano, il massaggiatore Claudio Cantavenera, i magazzinieri. In momenti di difficoltà sono stati eccezionali. Non credo tornerò ad Agrigento a breve, quindi colgo l’occasione per ringraziare tutti loro. Un grazie va anche a Peppino Tirri, che mi ha portato qui, e a Totò Catania che l’anno scorso ci è stato molto vicino”.

I tifosi…

“Mi dispiace che una parte della tifoseria, che non conosceva i problemi e probabilmente neanche il sottoscritto, abbia nel tempo parlato a sproposito. Ritengo loro gente molto scarsa dal punto di vista umano. Per fortuna ci sono anche i tifosi perbene che vanno oltre l’esprimere giudizi superficiali. Così come alcuni giornalisti che ritengo davvero giornalai”.

In tanti ti chiedevano di dimetterti, presidente compreso dopo il comunicato di domenica, perché non l’hai fatto?

“Per due motivi semplicissimi che ritengo importanti. Ho vissuto la mia professione 24 ore su 24, dedicando praticamente tutto il tempo all’Akragas. Due perché a luglio scorso, con mia madre in fin di vita, io sono partito per consegnare la domanda di iscrizione a Coverciano e così via. Forse io da allenatore credevo in questa squadra più di qualche pseudo tifoso o presunto giornalista che continua a screditarmi. Qualcuno mi ha paragonato a Ventura, ma non ricevo gli stessi suoi compensi, non sono un mercenario”.

Ti percepisco arrabbiato…

“Sì, perché c’è anche gentaglia che mette in giro voci che riguardano mio fratello. Sì, lui è procuratore, ma di giocatori di Serie A. Mi ha solo dato una mano a portare qui Salvemini, non prendendo un euro di procura ma anche rimettendoci il viaggio pagandolo di tasca sua. Anzi, dirò di più, ha aiutato Russello a vendere Tripoli al Crotone e prima ha dato una mano a Totò Catania a cedere Leveque al Torino facendo entrare soldi nelle casse akragantine. Questi pettegolezzi fanno capire lo spessore culturale di certe persone”.

Facciamo un passo indietro, gennaio. Iniziano gli addii con Sepe, poi tanti altri. Là non c’è stato il dubbio che il giocattolino si fosse rotto?

“Se il presidente, non un pinco pallino ma il presidente, entra nello spogliatoio e dice ai ragazzi di trovarsi squadra perché lui non avrebbe messo più soldi, è normale che i calciatori cominciano a pensare ai fatti propri. Non stavamo ad Agrigento per ammirare i templi in vacanza, eravamo là per lavorare, per portare avanti le famiglie. Tra l’altro aggiungo che tutti i giocatori sono al minimo di contratto, non c’era un budget esagerato. I ragazzi per rispetto mio hanno aspettato fino alla fine prima di andare via, a quel punto ho ritenuto giusto lasciarli andare. Quindi io e Russello ci siamo fiondati a Milano per rinforzare la rosa”.

Com’è andata?

“Penso molto bene, considerando il budget. Ricordiamoci sempre che dovevamo convincere qualcuno a venire da noi in una squadra ultima in classifica, con un presidente che aveva dichiarato che non c’erano più soldi. Quindi abbiamo preso ragazzi o che conoscevano l’allenatore o che volevano mettersi in mostra perché nelle precedenti società non avevano spazio. Credo che alla fine siano arrivati tutti buoni calciatori, ma sono arrivati in un contesto purtroppo già in difficoltà. Nonostante ciò io sono convinto tutt’ora che la squadra può rialzarsi. È girato tutto contro: dalla traversa col Lecce al gol subito all’ultimo secondo a Bisceglie, giusto per citare gli ultimi due episodi”.

C’è un momento positivo di quest’anno?

“Sinceramente sono tutti momenti che ricorderò positivamente, perché ogni cosa mi ha fatto crescere umanamente e professionalmente. Credo molto di più adesso nelle mie qualità che quando mi sono salvato nella scorsa stagione. È normale che questo esonero mi deve fare crescere, anche nell’essere più freddo o meno permissivo con i giocatori”.

A che ti riferisci?

“Per esempio se un giocatore mi chiedeva un permesso per tornare a casa per il compleanno del papà, glielo concedevo. Oppure se aveva un problema con la compagna, cercavo di aiutarlo. C’è il giocatore che capisce, ma c’è anche magari quello più giovane che pensa di approfittarne. Qualche giornalaio ha detto che avevo un pessimo rapporto con i calciatori, che gran cavolata. Credimi questi personaggi rovinano il mio ricordo di Agrigento, gente che vive di pettegolezzi, li ritengo proprio scarsi”.

Andiamo all’ultima gara, pesante 7-0 con la Juve Stabia, cosa è successo?

“Partiamo dal fatto che fino all’ultimo minuto non sapevamo quando saremmo partiti per il ritiro pre-gara, si diceva venerdì, sabato, insomma tanta incertezza. Quando non c’è una società, non si può fare calcio, punto. Tornando alla gara l’avvio è stato buono, dopo il primo gol, ci siamo sciolti. Una squadra che ha tremila pensieri per la testa non è serena, non è facile reagire. Dall’altre parte c’era una squadra che non si è risparmiata, non pensando che aveva contro dei ragazzini. Ha fatto bene, si sono divertiti, è giusto così”.

Hai avuto la percezione durante la gara che la squadra, non dico ti avesse voltato le spalle, ma che avesse smesso di crederci?

“No, assolutamente no. Magari qualche giornalaio lo ha detto, ma non ho avuto mai questa sensazione”.

Hai parlato con Caserta e Ferrara, i tecnici stabiesi, magari chiedendogli il motivo per cui ad un certo punto non hanno rallentato un po’?

“Caserta e Ferrara hanno pensato a fare il loro lavoro. È normale che se sul 4-0 fai entrare un Simeri che è un bomber che ha fame di gol, quello vedendo la situazione giustamente li fa. Non mi va di parlare di ‘ste cose, quest’anno è capitato a me, magari in futuro capiterà a parti invertite e sicuramente non mi fermerò neanch’io, com’è giusto che sia”.

C’è un momento di quest’annata che vorresti cancellare?

“Mi sarebbe piaciuto lavorare in modo sereno, perché ribadisco ancora una volta che sono convinto che la squadra c’è e anzi mi ritengo onorato di avere allenato questi ragazzi. Se guardi la nostra squadra titolare non è inferiore a moltissime squadre del nostro girone, purtroppo però quando cala l’autostima e vengono a mancare certezze, va così”.

Come ti ha esonerato il presidente?

“Lui voleva che mi dimettessi, facendo anche un comunicato che ritengo davvero fuori luogo. Mi ha detto che dovevo rientrare in sede, quando lui non si è visto una sola partita nostra, credo che non conosca neanche i giocatori. Mi dovevo dimettere perché? Io ad Agrigento stavo a lavorare, quando mi hanno fatto il contratto non ho mica obbligato nessuno”.

Ultima curiosità. Prima mi accennavi che a gennaio non siete riusciti a prendere un bomber per problemi di budget, chi stavate trattando?

“Avevo parlato con Sforzini, Tavares, Calil e con due ragazzi stranieri. Hanno aspettato nostre notizie, ma noi a nostra volta aspettavamo l’ok del presidente. Lui l’ha dato l’ultimo giorno, Tavares era tornato in Portogallo, insomma per tutti non c’era più il tempo materiale”.

C’è qualche episodio tragicomico che avete vissuto quest’anno?

“Uno? (ride sarcastico, ndr). Ti posso citare che quando dovevamo giocare a Catania, calcio d’inizio ore 20.30, siamo partiti alle 16 da Agrigento fermandoci in autogrill a mangiare una crostata…”.

La trattativa con gli iraniani è solida?

“Assolutamente, l’avvocato Caponnetto è una persona incredibile che sta facendo di tutto per salvare l’Akragas. Oltre a lui merita tanta stima chi ha portato il contatto con gli iraniani, che è sempre un italiano di Agrigento, ma vuole rimanere anonimo. Caponnetto non dorme la notte per risolvere i problemi, ci ha aiutato in molte trasferte, fa parte di quella cerchia di persone che tengono in vita l’Akragas”.

Ti chiedo l’ultima cosa: la classifica è drammatica, non ci sono più speranze di salvezza?

“È sicuramente difficilissimo ma non impossibile. Con una situazione societaria stabile sarebbe stato tutto diverso. Inoltre i tre punti di penalizzazione, e ahimè mi sa che ne arriverà qualcun altro, affossano ulteriormente la situazione”.

Vuoi aggiungere qualcosa?

“Saluto e ringrazio i veri tifosi, quelli perbene e non sono pochi. Ho ricevuto il loro affetto anche nei momenti difficili e auguro loro di poter realizzare i rispettivi sogni. Gli altri spero di cancellarli presto dai miei ricordi”.