Giocatore prima, allenatore poi. Goalsicilia.it ha fatto quattro chiacchiere, tra presente, passato e futuro, con il tecnico del Palazzolo, Ciccio Di Gaetano.
Mister, cosa è cambiato dai tempi in cui giocavi tu ad oggi?
“Intanto non c’era l’obbligo degli under, il livello era molto più alto: non perché gli under siano scarsi ma perché c’era più competizione e competitività tra tutte le età, davvero chi meritava giocava. Oggi sei obbligato a schierare under che magari, parlo in generale, si sentono protetti dalla regola che li vuole per forza in campo e se ne fregano di tutto il resto. Poi c’erano meno distrazioni, poi mi ricordo che fino ai 16 anni giocavo ogni giorno a pallone in mezzo alla strada, le ruote delle macchine parcheggiate erano le porte, il campo oscillava tra i 20 e i 150 metri e ci facevamo le ossa in mezzo alla strada, oggi gli interessi dei giovani sono diversi e penalizzano la qualità dei campionati”.
Quando hai capito che, appesi gli scarpini al chiodo, avresti voluto fare l’allenatore?
“Da sempre (ride ndr). La mia è una famiglia di sportivi e calciatori, mio papà ha vissuto sul campo di calcio, poi già dentro al campo, mentre giocavo ero sempre uno che parlava molto e mentre giocavo, guardavo la partita dando sempre consigli ai miei compagni: ‘sali’, ‘scala’, ‘occhio a quello’…Insomma, mi piaceva troppo e ho avuto sempre dentro questo pensiero”.
L’essere umano è fatto per sognare. Qual è il tuo sogno legato al tuo percorso calcistico?
“Sarebbe un guaio non avere sogni e ambizioni. Quando ho cominciato a fare il vice di Boscaglia, tra Alcamo e Caltanissetta, ci siamo promessi che se entro cinque anni non saremmo stati in B, avremmo mollato tutto. Ci siamo riusciti e poi io ho cominciato il mio percorso, Primavera del Trapani, poi Paceco in una situazione economica drammatica e poi l’anno scorso con quella promozione in D col Biancavilla. Anche io adesso mi sono dato la scadenza per l’obiettivo di ritrovarmi nuovamente tra i professionisti, poi il sogno sarebbe la Serie A ma quello è un sogno”.
Sono tanti gli esempi di allenatori emergenti, vedi Raffaele, dall’Eccellenza siciliana all’alta classifica della Serie C…
“Serve un’opportunità, un presidente o un ds che ti apprezzi e ti dia la possibilità: lì poi devi dimostrare perché nel calcio la riconoscenza e la stima finiscono dopo due secondi. Poi ci sono tanti allenatori bravi ma senza squadra, serve anche un po’ di fortuna”.
Mister meno di un anno fa compivi il miracolo della promozione in Serie D con il Biancavilla tramite i play off…
“Con i ragazzi spesso ci vediamo e ci chiediamo come abbiamo fatto ma la risposta è subito a portata di mano: avevamo costruito un grande gruppo, siamo stati bravi a gestire gli eventi, è stato solo grazie a questo perché eravamo da soli, con una società completamente assente”.
Qualche anno fa la Sicilia vantava tre club in Serie A, adesso zero…
“Stiamo vivendo un dramma calcistico, non avere club in Serie A per come eravamo abituati, lo paghiamo nello sport e nell’economica, quello di A è un movimento che fa girare anche le piccole medie imprese locali”.
Chi soffre è anche il tuo Trapani…
“Mi sento particolarmente legato ai granata, lì ho vissuti i più bei momenti della mia vita calcistica, abbiamo vinto tantissimo, fatto la storia di questa società: spero che quest’anno possano salvarsi, sarebbe l’ennesimo miracolo dovuto alla città e alla tifoseria. I tifosi granata li ho vissuti e ti dico che sono veramente speciali, anche quando ti contestano lo fanno in maniera civile e giusta, fino alla morte sono con la maglia e spero vivamente conservino la categoria perché è quella che forse più gli si addice”.