Caso Castelbuono: la decisione della Corte d’Appello Territoriale sul ricorso

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Come si apprende da una nota ufficiale, la Corte Sportiva di Appello Ter

Come si apprende da una nota ufficiale, la Corte Sportiva di Appello Territoriale ha ‘rigettato l’appello’ del Castelbuono relativo alla gara contro il Marsala. A questo punto, la squadra madonita dovrebbe essere costretta a giocare i play out contro il Mussomeli, ma la suddetta Corte ha anche chiamato in causa il Giudice Sportivo per la decisione sulla presunta irregolarità dei lilibetani. Questo il testo integrale della sentenza:

Procedimento n. 161/A
A.S.D. POLISPORTIVA CASTELBUONO Avverso declaratoria di inammissibilità del reclamo, proposto innanzi al Giudice Sportivo Territoriale presso il C.R. Sicilia L.N.D. – Campionato di Eccellenza (gir. A), Gara Sportclub Marsala 1912 s.r.l./A.S.D. Polisportiva Castelbuono del 23/04/2017 – C.U. n. 393 del 26/04/2017.

Con l’appello in epigrafe indicato, l’A.S.D. Polisportiva Castelbuono impugna la decisione assunta dal Giudice di prime cure, che ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto dall’odierna appellante, avente ad oggetto l’irregolare partecipazione alla gara di un calciatore quindicenne, che si assume schierato dalla Società consorella in assenza della prescritta autorizzazione.
Il Giudice di prime cure, in particolare, ha rilevato l’invalidità della notificazione del reclamo alla controparte, pervenendo quindi alla declaratoria di inammissibilità dello stesso. L’odierna appellante censura tale statuizione deducendo, in via principale, la regolarità della notificazione compiuta in prime cure, nonché, in via subordinata, la necessità che la denunciata posizione irregolare del calciatore quindicenne sia comunque scrutinata ex officio in questa sede di gravame.
Ciò premesso, la Corte Sportiva d’Appello Territoriale, esaminati gli atti del procedimento, rileva preliminarmente che, nel primo grado di giudizio, la notificazione del reclamo alla Società consorella è effettivamente avvenuta ad indirizzo diverso da quello indicato come sede sociale, con conseguente invalidità della stessa, ex artt. 38 comma 8 e 46 comma 5 C.G.S.
E’ principio pacifico nella giurisprudenza di legittimità, infatti, quello per cui la notificazione a soggetto privo di qualsiasi legame con il destinatario designato impedisce la produzione dell’effetto utile. Il che è avvenuto nel caso di specie, ove il plico è stato ricevuto dal custode dell’impianto sportivo, ossia da soggetto del tutto estraneo alla società destinataria della notifica.
Tanto basta al rigetto del primo motivo di gravame.
In ordine alla domanda proposta in via subordinata, tendente a sollecitare l’attivazione di poteri officiosi, si rileva quanto segue.
L’art. 29 del C.G.S., commi 7 e 8, prevede espressamente, innanzi al Giudice Sportivo, l’attivazione ex officio del giudizio sulla posizione irregolare dei calciatori, “sulla base delle risultanze dei documenti ufficiali di gara”.
Questo Collegio, peraltro, è ben consapevole dei recenti approdi della giurisprudenza sportiva di legittimità, secondo cui “il C.G.S. della F.I.G.C. parla di potere di rilevazione d’ufficio da parte del Giudice Sportivo di tutte quelle irregolarità regolamentari che falsano il risultato di una gara, e che sono dallo stesso conosciute, indipendentemente dall’impulso di parte”; una qualsiasi interpretazione restrittiva di tali poteri officiosi, peraltro, determinerebbe “un vero e proprio vulnus al principio di coerenza dell’ordinamento sportivo, che, quale ordinamento disciplinante interessi pubblici collettivi, deve vedere l’assoluto rispetto delle norme organizzative di un campionato sportivo” (Collegio di Garanzia dello Sport presso il C.O.N.I., sez. prima, decisione 07/04/2017 n. 24 ed Alta Corte di Giustizia del Coni, dec. N° 19/2011).
Il caso di specie, in cui si discorre di irregolare partecipazione alla gara da parte di calciatore quindicenne non autorizzato (art. 34 comma 3 N.O.I.F.), in ossequio alla menzionata giurisprudenza di legittimità, rientrerebbe quindi nell’ambito della cognizione officiosa del Giudice di prime cure, la cui doverosa attivazione non sembra emergere dal tenore letterale della decisione impugnata.
Quanto sopra, tuttavia, non consente a questa Corte di sostituirsi al Giudice di prime cure, nell’esercizio di tale scrutinio, considerato che, diversamente opinando, si violerebbe l’art. 36 comma 7 C.G.S., in forza del quale, “con il reclamo di seconda istanza non s di prima istanza”.
Depone nello stesso senso l’art. 46 comma 2 C.G.S., secondo cui, per quanto oggi rileva, i risultati ufficiali delle gare possono essere modificati d’ufficio dal Giudice Sportivo, contrariamente a quanto accade innanzi alla Corte Sportiva di Appello Territoriale, ove la modifica del risultato ufficiale di gara può avvenire unicamente “su impugnativa da parte di chi vi sia legittimato”.
I suddetti principi, pertanto, consentono di affermare che:
a) l’impugnata statuizione di inammissibilità del reclamo, proposto in prime cure dall’odierna appellante, è meritevole di conferma, in ragione della invalida notificazione alla consorella, con conseguente rigetto del primo motivo di gravame;
b) la suddetta inammissibilità non precludeva al Giudice di prime cure l’attivazione dei suoi poteri officiosi, conformemente alla giurisprudenza sportiva di legittimità, risultando documentalmente la partecipazione alla gara di un calciatore quindicenne;
c) gli artt. 36 comma 7 e 46 comma 2 del C.G.S., in combinato disposto, precludono oggi a questa Corte Sportiva di procedere ex officio all’accertamento della irregolare partecipazione del calciatore quindicenne non autorizzato, nonché all’eventuale conseguente modifica del risultato ufficiale di gara.
Alla stregua di quanto sopra, nessuna delle due domande proposte, per come formulate dall’appellante, può trovare accoglimento, con conseguente integrale rigetto del gravame.
Ciononostante, ritiene il Collegio che la pregnante esigenza di tutela dell’ordinamento sportivo, “di natura evidentemente pubblicistica”, richieda che sia comunque accertata, una volta per tutte, la “regolarità dei giocatori disputanti una gara” (in analogia a quanto avviene, ad esempio, nella giurisprudenza penale di legittimità, ove la verifica di legalità della pena inflitta può prevalere, a determinate condizioni, anche sull’intangibilità del giudicato: si confronti, in argomento, Cass. Pen, SS.UU., 03/12/2015 n. 47766).
Tale verifica deve comunque essere espletata dal Giudice Sportivo in via officiosa, almeno nella misura in cui essa sia ragionevolmente sostenibile alla luce dei carichi di lavoro del suo Ufficio. Il rilievo officioso, d’altro canto, essendo previsto congiuntamente al rilievo di parte, pur dovendo essere attivato nelle situazioni manifeste, non può essere inteso in maniera così pervasiva da divenire un controllo analitico di tutti i possibili profili di irregolarità ipotizzabili, richiedendosi pertanto, in via ordinaria, il reclamo di parte instaurato nelle forme previste dal C.G.S.
Ne segue che, difettando la certezza che tale verifica sia avvenuta nel caso di specie, anche solo in via officiosa, vanno comunque rimessi gli atti al Giudice Sportivo Territoriale, affinché proceda, per la finalità di interesse pubblico evidenziate dal Giudice di legittimità, agli accertamenti di sua competenza, in ossequio al generale principio di regolarità delle gare, di cui all’art. 14 del C.G.S. del C.O.N.I. (D.P.C.M. 16/12/2015).

P.Q.M.

La Corte Sportiva di Appello Territoriale rigetta il proposto appello, con addebito della tassa reclamo (€ 130,00) non versata.
Dispone rimettersi gli atti al Giudice Sportivo Territoriale presso il C.R. Sicilia della L.N.D., affinché proceda agli accertamenti di competenza, ai sensi e nei limiti di quanto indicato in motivazione.“.