A Palermo gli sceicchi, a Catania gli australiani. Ma il calcio siciliano è sempre più assente dalla mappa del professionismo…

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Ogni anno sono diverse le società che muoiono e scompaiono e la Sicilia rappresenta ormai

Ogni anno sono diverse le società che muoiono e scompaiono e la Sicilia rappresenta ormai chiaramente la periferia del calcio italiano. Erano belli quei tempi con tre siciliane in Serie A, Catania, Messina e Palermo a far tremare le big del calcio italiano. Stiamo parlando di 15 o 16 anni fa, ma da quel momento sembrano passati ormai secoli. Erano belli anche i tempi in cui il professionismo in Sicilia non era una meteora, con qualche squadra in Serie B, basti pensare a quel Trapani che ha anche sfiorato la promozione in A, e poi cinque o sei piazze negli organici di Serie C1 o Serie C2.

Oggi invece la Sicilia è una semplice comparsa nella mappa del pallone, non potrebbe essere definita altrimenti. Il trionfo del Palermo nei play off di Serie C e la conseguente promozione in B sono soltanto una magra consolazione. A fare da contraltare è infatti l’altro lato della medaglia, con le tante piazze siciliane praticamente scomparse dal calcio professionistico italiano.

È vero, a Palermo sono arrivati gli sceicchi, con il City Football Group che adesso controllerà il club rosanero. E la piazza già sogna di tornare ai vertici del calcio italiano. Quest’anno però la Sicilia ha perso il Catania, prima fallito e poi fatto fuori dal campionato di Serie C quando al termine della stagione mancavano solo gli ultimi 100 metri. Anche alle pendici dell’Etna è arrivata una proprietà straniera, quella capeggiata da Ross Pelligra che avrà l’arduo compito di far ripartire il calcio rossazzurro dalla Serie D e riportarlo nel professionismo. La speranza è che anche il Catania possa ripercorrere le orme già tracciate dal Palermo.

E le altre? Beh, tante altre società gridano aiuto. Il Messina è l’unica altra squadra oltre ai rosanero a essere presente nel calcio professionistico, ma anche qui il patron Sciotto voleva chiaramente disimpegnarsi e cedere la società. Zero risposte concrete, qualche gruppo si era fatto avanti e alla fine lo stesso Sciotto ha deciso di continuare in prima persona pur di non far scomparire il club.

A Trapani c’è stato un cambio ai vertici, con Marco La Rosa divenuto maggiore azionista e nuovo presidente granata. E poi le altre piazze presenti in D, con l’Acireale che quest’anno ha sfiorato l’impresa ma ora avrà l’arduo compito di provare a ripetersi e a migliorarsi. O il sorprendente Sant’Agata, modello di gestione imprenditoriale che negli anni ha saputo consolidarsi, un po’ come il Licata che ancora una volta ripartirà dalle solide basi costruite nel corso delle ultime stagioni.

In D però c’è anche il Paternò, il cui futuro appare nebuloso visto il disimpegno del patron Mazzamuto. La palla è passata al sindaco Naso che sta cercando di non far morire il calcio rossazzurro. La Sancataldese ha invece scelto di andare avanti grazie agli sforzi di alcuni vecchi e nuovi soci, ma anche lì le premesse fino a qualche settimana fa non erano delle migliori. A Giarre invece c’è stato un cambio al vertice, con Benedetto Mancini che ha rilevato il club con la speranza di rilanciarlo.

Piazze che scompaiono e alcune che riappaiono nella geografia del calcio siciliano e nelle categorie nazionali. Un po’ come è accaduto a Ragusa e Canicattì, tornate in Serie D a distanza di qualche anno con l’obiettivo di fare bene e raggiungere una salvezza tranquilla. E magari programmare, nel corso degli anni, un ritorno nel professionismo.

All’appello, però, mancano altre grandi piazze: dove sono finite quell’Akragas e quel Siracusa che fino a qualche anno in C affrontavano squadre blasonate? Vivacchiano entrambe in Eccellenza, con i biancazzurri che hanno sfiorato la promozione in D attraverso i play off (e adesso proveranno la strada del ripescaggio) e gli azzurri che invece hanno già puntato in alto l’asticella, dichiarando di puntare alla vittoria del campionato. E a noi appassionati mancano anche quel Gela, quel Marsala, quel Vittoria, quell’Igea Virtus che non hanno raggiunto il professionismo per puro caso, ma grazie a una minuziosa programmazione.

Una programmazione che in questi anni manca. Ecco perché i campionati di Eccellenza e Promozione sono pieni zeppi di grandi piazze storiche e gloriose. Di club che negli anni hanno fatto sognare i propri tifosi, adesso disamorati di quel pallone che poche soddisfazioni gli sta riservando. L’augurio è che i campionati regionali continuino sì a essere di buon livello, ma sempre meno zeppi di piazze gloriose. E che queste tornino a popolare le categorie che contano e a fare in modo che la Sicilia non resti ancora a lungo la periferia del calcio italiano.